ASPETTATIVE EMOTIVE DI UN GIUDICE - A quel punto il Giudice Marco, confessava di sentirsi deluso e frustrato nel suo mandato e per questo scriveva sul suo memorandum così:"Spesso mi aspetto che gli esseri umani possano prediligere le spiegazioni più semplici a quelle più oscure. Invece, l'altro giorno riprendendo un giovanotto adolescente che in luogo ecclesiastico dove, fra l'altro era appeso un crocifisso, aveva pronunciato una imprecazione che nessuno tranne me aveva bloccato disapprovando l'espressione scurrile, volgare che osteggiava il decoro e la convivenza civile, mi sono bene reso conto che in moltissimi ambiti della vita intellettuale e psicologica assistiamo ad uno stranissimo ed inatteso fenomeno di tendenza all'astrusità, di ignoranza degli effetti lesivi ed irrispettosi del giusto e corretto orientamento formativo. La fascinazione per spiegazioni come un linguaggio di intercalare che significa disimpegno e svuotamento di valori che disorienta necessitando di termini crudi, gretti, implica la convinzione nelle nuove generazioni che la verità debba manifestarsi in una forma confusamente intellegibile. Diventa quindi problematico, per le regole della sana convivenza, che molte verità cruciali della vita emotiva non possano essere palesate e che per il quieto vivere si prediligano piuttosto ragionamenti contorti che hanno l'ingenua immediatezza di illusoria arrendevolezza e rassegnazione. Sentirmi dire che devo essere comprensivo, piuttosto che condannare e che gli altri specie se giovani adolescenti sono più ansiosi dell'apparenza della boria e non crudeli, mi ha spiazzato. Tuttavia, nonostante appare chiaro che il linguaggio volgare venga interpretato come impeto di coraggio, le dinamiche emotive che suscita al riguardo possono rovinare a lungo andare l'esistenza conducendo a divorzi e fratture famigliari gravi. Esprimersi con ingiurie, può significare sentirsi infelici nella ricerca di uno status sociale adeguato alla propria condizione psicofisica e culturale se no 2 missionari non avrebbero basato la loro partenza per il Brasile ad appena 22 anni sull'estremo bisogno di emozioni forti che vincessero la noia e la banalità in cui si ritrovavano a vivere e soprattutto non avrebbero disdegnato per così tanto tempo (28 anni) ciò che era stato tramandato ed insegnato loro dalle famiglie e dalle comunità in cui vivevano ed abitavano. Anzi, oserei dire, che l'esperienza raccontata dai missionari di cui sopra in cui la missione pareva la conseguenza di un desiderio più profondo, ci ha invece dimostrato che avevano fatto prevalere il desiderio inconscio di attirare l'attenzione di genitori e famigliari distratti, magari molto più interessati alle sorti degli altri fratelli e sorelle. Molte fallimentari relazioni derivano proprio da questo la DISTRAZIONE di migliaia di notti di rabbia, frustrazione dovute ad un modello di attaccamento evitante stabilito più che altro con la madre dopo il 14° mese di vita e soprattutto nell'età post-adolescenziale. La vita emotiva appresa dei missionari NON ci ha detto e raccontato la verità di quanto possiamo soffrire in mezzo alle favelas e al loro putridume pur di non avere a che fare con la realtà ANAFFETTIVA che loro hanno descritto come INDIVIDUALISMO, di quel banale piattismo in cui nessuno mai corregge la cosa più importante: se ti voglio veramente bene ti riprendo e tu così sai figliolo mio che io sono presente accanto a te. Una volta un ragazzo che si faceva di crack mi ha detto proprio questo: "Mi mancavano i riprendimenti dei genitori e la vita non è mai stata per me più la stessa quando per FUGGIRE dalle loro chiusure verso me sono finito per drogarmi ed illudermi così di vivere in un falso bel mondo lontano da quello schifo" Quel ragazzo è MORTO. 

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