ASPETTATIVE EMOTIVE DI UN GIUDICE - BOZZA insieme al dottor Francesco Gazzillo, Zamparetti Marco - Il Giudice Marco si stava appuntando nel suo Memorandum giuridico quanto segue: "Il regime vincolistico di blocco dei canoni e il regime TRANSITORIO di aumento legale hanno determinato un crescente squilibrio patrimoniale tra la reale prestazione dei locatori e quella dei conduttori - a danno dei primi e a vantaggio dei secondi - ed hanno quindi trasformato i contratti di locazione in prestazioni corrispettive, in cui la prestazione di una parte e la controprestazione dall'altra sono legate fra di loro da un nesso di INTERDIPENDENZA FUNZIONALE come per le aspettative emotive del Giudice che vuole raggiungere un sinallagma più equitativo rispetto agli attuali contratti e situazioni emotive che si verificano attualmente e che sono sproporzionati, perché la prestazione di qualsiasi genere essa sia di prendersi cura di persone e beni si può vanificare per mancanza di self-control specie a livello dell'avviamento commerciale e della DISORGANICITA' disciplinare posta in essere a livello di interessi di parte che secondo la dottrina più autorevole, presenta di per sé spaventose lacune, contraddizioni insanabili, pericolose OSCURITA' e secondo la dottrina meno autorevole NON tutela abbastanza i commercianti e l'espressione realizzativa individuale". Galgano leggeva questo appunto cercando di interpretarlo al meglio per potervi scrivere un buon articolo giornalistico pensando comunque che NON dovesse affatto assumere la posizione di apologeta nel svilire la funzione transitoria delle emozioni rimanendo in un lacerante e frustrante SCETTICISMO EMOTIVO. Difatti, oggi il principale nemico della vera ed autentica soddisfazione e del piacere e godimento dell'esistenza sia spirituale che materiale è molto probabilmente la nostra smisurata fiducia nella perfettibilità della condizione umana. Per questo siamo frustrati; ci facciamo una idea apparentemente positiva, ma parecchio devastante, che il nostro scopo nella vita sia raggiungere una felicità totale ed eterna. D'altronde la dottrina di sant'Agostino quando ha formulato il concetto di "peccato originale" aveva solo definito la natura INTRINSECAMENTE - e non accidentalmente - imperfetta dell'essere umano. Perciò, la sofferenza, il sentirsi perduti e soli, la mancanza di talenti, di empatia, il rifiuto dell'amore che corregge e che dirige, la rabbia, l'ossessione e l'odio NON sono condizioni invidiabili e l'unica cosa che rimane è l'accettazione che talvolta non esistano soluzioni che possano spazzare via tutti i problemi e quindi possiamo solo aspirare, al massimo di ciò che possiamo calibrando le nostre risorse, possiamo avere consolazione, e comprensione. Credere nella consolazione, però, NON significa affatto rassegnarsi e subire le situazioni spiacevoli che la vita ci presenta di fronte, ma significa piuttosto impegnarci attivamente a renderci il quotidiano più confortevole possibile, più stimolante e nobile da farci sentire comunque in qualche modo contenti di qualche momento vissuto qui ed ora. Il Giudice Marco però desiderava ottenere sempre un esito positivo dai suoi interventi tanto da fare spendere al Poligrafico dello Stato non meno di 10.000.000 di lire per una argomentata ordinanza non priva di vivaci e inappropriati spunti polemici oltre che di numerosi richiami storici e letterari che in quel contesto era alquanto ridondante esporre e non potevano fare altro che generare sospetti di megalomania del Giudice stesso nel presentarsi dotto. Questi soldi sono stati spesi dal popolo contribuente di cui il Giudice, evidentemente, non aveva stima alcuna nel fargli perdere tempo prezioso nel capire in realtà in cosa consistesse l'ordinanza e cioè nient'altro che una proroga/divieto che addirittura risaliva ad alcuni secoli prima della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio e che doveva portare poi successivamente al discernimento sulle contraddizioni e le finzioni che contraddistinguono le scelte rispetto una interpretazione piuttosto che un altra. In effetti, la bilancia della giustizia dal Giudice Marco veniva vista come un armonico congegno composto di un indice, di un coltello, di un giogo e di 2 piatti; congegno che non si doveva mai confondere con un automatismo, ma come un monito a saper equilibrare prima di pesare ciò che deve avere la priorità. Per questo il Giudice Marco stava ancora studiando. 

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