COLPEVOLE DI ESSERE DONNA - "Vostro onore, lo ammetto non ho denunciato le violenze subite durante la relazione con il mio partner perché avevo paura che mettesse in atto le sue minacce di uccidere mia madre, alla quale ero molto legata e di fare del male ai miei parenti a cui volevo un bene profondo" In questo modo Pamela, come altre vittime di femminicidio metteva in luce l'ipocrisia di chi continua a definire gli omicidi basati sul genere "delitti passionali", come risultato cioè di comportamenti individuali e in altri casi come "delitti d'onore", effetto di pratiche sociali e culturali. "Signori della corte - riprendeva Pamela con un espressione dispiaciuta e contratta in volto - non ho denunciato perché ero rimasta atterrita della sua mostruosità che si manifestava con un accanimento sul mio corpo, tanto da arrivare a violentarmi mettendomi incinta e soggiogandomi con il suo estremo controllo sulla mia persona" Infatti, esistono anche forme "indirette" di femminicidio, non meno gravi: decessi delle madri causati da aborti clandestini, quelli legati al traffico di esseri umani, al crimine organizzato, alla mancanza di cure mediche e di un'alimentazione adeguata, le morti dovute a pratiche tradizionali dannose come le mutilazioni dei genitali femminili. Inutile fare arringhe che concludano con raccomandazioni affiché tutte le associazioni contro la violenza di genere e le politiche di stato si impegnino con la dovuta diligenza per la promozione e la protezione dei diritti delle donne in quanto si evidenzi finalmente che il femminicidio è un crimine di stato che non deve essere più tollerato dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire e proteggere e tutelare la vita delle donne. "Noi non sapevamo nulla" - affermano i famigliari e ciò significa che non avevano informazioni realistiche sulla relazione fra vittima ed autore e così si evidenzia una mancanza di approcci globali ed olistici nei confronti della violenza di genere, e si mette anche in risalto la permanente disattenzione nei confronti del fenomeno, che si riscontra, per altro, anche nella decisione di non finanziare o sottofinanziare la raccolta e la comparazione dei dati, attività cruciale per le politiche ed interventi efficaci. "Io ho chiesto aiuto - continua Pamela - ma le forze dell'ordine non hanno fatto in tempo a fermare la mano assassina e perciò i vicini di casa, hanno dovuto assistere all'orrore in diretta" Eppure i dati presi in esame manifestano indubbiamente la diseguaglianza nei rapporti di genere: infatti se nell'81% dei casi totali di omicidio avvenuti nel 2020 la vittima è uomo o un ragazzo e solo nel 19% è donna, tra questi 9 casi su 10 si tratta di omicidio avvenuto in ambito domestico. I dati, comunque sono disaggregati per genere, vittima ed autore: gli omicidi agiti da partner o altri membri della famiglia sono, complessivamente, circa un quinto della totalità di quelli commessi annualmente; le donne e ragazze costituiscono difatti la stragrande maggioranza delle vittime di tali reati pari al 64% dei casi in aumento. L'avvocato della controparte si alzò corrucciato per affermare che "E' difficile dimostrare, nonostante la letteratura scientifica in merito, come spesso la violenza omicida di una donna nei confronti di un partner è una reazione inconsulta della violenza subita" In sintesi, se è vero che gli uomini rappresentano la stragrande maggioranza delle vittime di omicidio a livello globale, sono le donne a subire comunque maggiormente il peso della vittimizzazione letale a causa di stereotipi e diseguaglianze di genere apprese nell'educazione e nelle relazioni intime. Un testimone di una associazione affermò "Nessuno racconta mai che spesso ragazzi e ragazze sono i più esposti a controlli e divieti, privazioni e limiti a cui si ribellano perché gestiti da applicazioni supervisionate dai genitori o dai partner che da ogni luogo possono decidere quando è arrivato il momento della disconnessione, dell'allontanamento da amici o famigliari non ben voluti. Controllare significa per molti proteggere, ma questa a lungo andare non appare una strategia vincente; sia perché le opportunità per connettersi o controllare con app il cellulare sono praticamente infinite e sia perché i figli ed i partner alla fin fine è preferibile che condividano con i famigliari o amici fidati le loro esperienze piuttosto che dedicarvisi clandestinamente e sia perché solo attraverso un graduale accesso al web potranno sviluppare i giusti anticorpi che consentono di riconoscere immediatamente un ambiente online sicuro da uno insidioso per evitare pericoli". "Vostro onore - disse un rappresentante di una associazione vittime di femminicidio - io credo che oggi come oggi si debba lavorare molto con gli adolescenti e le persone vulnerabili sul delicato tema della confusione reale/virtuale, sogno/realtà, che induce i più giovani e inesperti a sentirsi protetti dallo schermo quando invece il più delle volte si lasciano ingannare dal fascino di chi si presenta con falsi profili e riesce in ciò ad essere convincente, a sedurre e a cicuire le vittime" "Proviamoci" - disse il giudice, "Proviamoci insieme" 

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