SOLITUDINI - Da qualche parte dell'anima, c'è un giudice impietoso che osserva quello che facciamo e studia in maniera precisa il nostro modo di agire, esaminando nei minimi dettagli gli effetti che abbiamo avuto con il nostro modo di essere e monitorando passo, passo i nostri successi ed i nostri fallimenti per poi esprimere lo stesso verdetto "Ecco il motivo per cui ti senti solo ed incompreso, potevi fare di più, potevi almeno cercare di migliorare, ed invece sei la solita sciocca illusa che si aspetta che qualcuno l'ascolti" In effetti, però, questo verdetto non segue un regolamento o uno statuto oggettivo, in quanto in alcuni momenti siamo propensi a favorire una visione positiva di noi stessi, mentre in molti altri siamo fortemente critici, delusi, intransigenti e persino disgustati. Di fatto assorbiamo il tono sprezzante e indifferente di qualche amico che ci dice "Non saprai mai se ciò che hai fatto sia servito veramente a qualcosa e se abbia provocato gli effetti che speravi, perché gli altri guardano solo alla pratica non alla teoria degli intellettuali che, in generale, paiono proporre cose noiose e faticose, mentre la più parte desidera rilassarsi potersi distrarre e vivere ogni tanto senza pensieri." E poi continua con un fare disfattista, punitivo  ed insoddisfatto che annulla tutte le intuizioni migliori così come la parte migliore di noi che ci fa percepire che non può esistere affatto un giudice genuinamente equo, una persona in grado di separare nettamente il bene dal male, ma che riesce ad essere clemente quando sbagliamo, imparziale, attento a comprendere e veramente interessato ad aiutarci nell'affrontare i nostri problemi e la nostra esistenza. "Sei tu la peggiore giudice di te stessa" - mi disse un giorno una voce - "Sei tu, dunque che devi trovare l'autostima necessaria che serve ad imparare consapevolmente a parlare a te stessa in modo da esporti più che altro a voci migliori di quelle negative e cattive che ti possono colpire" Da allora ho cominciato come una folle a parlare a me stessa per sentirmi meno sola ed inutile e per cercare risposte naturali e normali che potessero diventare il mio stesso modo di pensare e di essere. All'inizio, dico la verità, l'idea mi sembrava un poco strana, ma poi ho capito che era l'unica soluzione possibile per uscire dal mio rimuginare sulle cose fissandomi su alcuni assurdi atteggiamenti che ritenevo aver preso e che in realtà mi rendevano piuttosto pedante e pretenziosa verso gli altri che incontravo. Infondo con un amico utilizzo una saggezza e volontà di consolazione che non riservo mai a me stessa e quindi perché no? Perché non provare ad essermi amica? D'altronde la persona che ha più bisogno del mio supporto sono proprio io e quindi il volontariato di sostegno "centro di ascolto" lo devo fare innanzitutto verso me stessa piuttosto che su altri. Solo che devo ancora capire come rivolgermi a me stessa. Cosa mi direi in questo momento?  "Salve come ti va?" - "Ah, sai non mi va proprio di sentirmi relegata in un cantone come se fossi uno scarto" "E cosa vorresti mai trovare? Compassione, veemenza, comprensione forzate? Non credi che sarebbero tutte ipocrite falsità insincere e menzognere?" Semplicemente mi risulta difficile pensare ad alcuni lati di vulnerabilità e fragilità del mio Io profondo, per cui preferisco ignorarlo quando tenta di fare capolino e fa prevalere la mia stupidità di bambina capricciosa che vuole attirare tutte le attenzioni, senza pensare che poi queste attenzioni maggiori, ti rendono ancora più responsabile e ti possono complicare la vita recludendoti da molte opportunità. Invece è meglio rimanere libera davanti ad una tela bianca, immaginando di trasferire soltanto su di essa le nostre impressioni senza nemmeno domandarci troppo l'effetto che faranno. Dovrei sapere che un qualunque sconosciuto attraverso la sua opera può farci sentire meno soli nel tollerare le nostre stranezze, i lati più sorprendenti, quelli più oscuri ed anche ciò che il nostro aspetto esteriore lascia intendere per quanto goffo e ridicolo possa sembrare. Come mi va? Non sono una signora, ma lo potrei diventare se solo lo volessi, tuttavia desidero l'avventura senza però lasciarmi segnare dalla trascuratezza e dal disinteresse altrui. Inizia un percorso di funambola dell'equilibrio. 

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