VITA GRASSA - Nella clinica del dottor Corridonia si curavano anche i disturbi alimentari ed inizialmente si faceva un intervista ai pazienti che firmavano anche per il trattamento dei dati personali. In quasi tutte le schede ricorreva un comun denominatore: il disturbo alimentare era dovuto più che altro ad un senso di vuoto e a raggiungere una sazietà interiore più che fisiologica. Adelmo aveva raggiunto il peso di 120 kg perché dopo la morte del padre, doveva compensare una mancanza, un profondo senso di disperazione che consolava con il cibo, ma all'intervista rispondeva sempre che secondo lui mangiava poco senza accorgersi di ciò che mangiava "Cosa vuoi che sia mangiare un piattino di farfalle al radicchio rosso, 3 polpette al sugo con un poco di purè?" - diceva - "Anche tu mangi molto quando mangi 2 fettine di vitello tonnato con la verdura ed io vedi non mi riempio di verdura!" In poche parole, Adelmo usava la strategia del senso di colpa degli altri, nel tentare di contenerlo per riuscire a mangiare in base agli occhi più che in base alle esigenze reali del proprio corpo. Inoltre, la sua mente non voleva concentrarsi né sulle quantità di cibo che ingoiava e nemmeno sull'apporto calorico dei cibi e il peggio era che cedeva spesso alla golosità e all'attrattiva della buona tavola. Lorena, invece mangiava pochissimo perché si vedeva sempre grassa ed aveva l'assillo della linea tanto che era diventata scheletrica al punto che le si erano piegate le ginocchia ed aveva un gibbo che la invecchiava di molto. A quel punto il dottor Corridonia faceva segnare su una bacheca in cui erano scritti i nomi dei pazienti, cosa avevano mangiato e quanto e così nulla sfuggiva di quello che combinavano perché doveva essere palese che non potevano fregare nessuno e tanto meno loro stessi in quanto la salute alimentare parte da un giusto stile di vita che mette in chiaro cosa serve fare per vivere sani. Tuttavia, alcuni pazienti come Patrizia avevano anche delle intolleranze alimentari e perciò dovevano evitare alcuni cibi o fare attenzione al tipo di dieta che dovevano seguire. Patrizia nel suo diario pubblico scriveva "Mi sono accorta che non potevo mangiare le nocciole perché un giorno mangiando dei wafer mi è venuto uno sfogo sulla pelle e quindi ho capito di essere intollerante a questo tipo di cibo, ma io mi ricordo che da bambina non ero intollerante alla nocciola perché mangiavo la cioccolata tranquillamente e forse chissà ne ho mangiata troppa ed ora non la posso neppure vedere." Il metodo con cui si agiva nella clinica del dottor Corridonia non a tutti piaceva e per questo fu mandata in incognito una giornalista a verificare che si seguissero i giusti protocolli di azione e che fossero approvati dalla società scientifica. Ma l'opulenza e l'abbondanza di cibo in certi paesi del mondo, così come la denutrizione in altri creava disparità sociale ed ecco il motivo per cui si generava stress collettivo e ciò determinava un circolo vizioso che portava a causare senso di colpa oppure peggio cinismo. Per tale questione il dottor Corridonia aveva deciso di stabilire delle porzioni di cibo che fossero fisse e che non dovessero mai mancare come i suoi 60 gr. di pasta con sugo leggero, al pomodoro, al pesto e comunque sughi non troppo elaborati o ricchi di grassi saturi come la carbonara di cui aveva studiato la variante con prosciutto cotto e con 1 uovo in meno rispetto la ricetta ed olio di condimento alla fine e non soffritto. La frutta e la verdura certo non dovevano mai mancare, ma senza esagerare troppo e per la carne solo 20 gr. di carne rossa e per il resto 10 gr in più per le carni bianche. Corridonia era convinto che c'è molta mancanza di proporzionalità e che l'esagerazione sia in opulenza che in carenza alimentare fosse dovuta proprio ad una mentalità lassista che si adagiava nella propria condizione trascurando non solo la propria salute, ma anche l'effetto sociale che aveva il proprio atteggiamento inconsapevole e irresponsabile. La giornalista in incognito scriveva dopo essere rimasta colpita da una frase che era scritta a chiare lettere su un'architrave di ingresso della clinica che "Se esageri lo devi fare bene, altrimenti se rimani fermo come sei non solo crei danno, ma addirittura ti ammali e poi a lungo andare produci problemi irrisolvibili" Nessuno comunque ne parla più di tanto, ma alla fin fine le guerre derivano anche da questo: una mancanza di proporzionalità. Che ne sapeva per esempio Patrizia di cosa fosse giusto o sbagliato per il suo vicino di casa che viveva secondo lei come un parassita, quando lei in casa aveva un figlio di 30 anni che non voleva ancora rendersi autonomo? Lei asseriva che non si può fare nulla in certi frangenti, senza nemmeno sapere che molto dipende da ciò che si ritiene furbizia e cioè vivere a scrocco ed in maniera disimpegnata. Quel vicino di casa, invece, aveva chiaro in mente il fatto che se sei sotto tutela di qualcuno anche se solo convivi e non ti sei preso alcun impegno ufficiale, comunque costui non ti può abbandonare per strada ad elemosinare e ti deve riconoscere per lo meno la dignità di sentirti una persona e non un peso sociale o uno squinternato che non sa come gestire la propria esistenza. "Infondo - scriveva la giornalista - la vera vita grassa quando riesci ad agguantare la fortuna e a non scappare dagli impegni per il domani" 

Commenti

Post popolari in questo blog