IDENTITA' DISIDRATATE - Fabio, mescolando sapientemente i colori riportava ad un passato oscuro, gretto e perverso dove l'ossessione della gelosia competitiva prendeva il sopravvento al punto da fargli uccidere la moglie e da seppellirla in giardino con la scusa che se n'era andata dopo una crisi matrimoniale a trovare la sorella che abitava a Milano. La fretta e l'urgenza di ricostruire una storia credibile per gli inquirenti lo aveva reso cinico al punto da farlo diventare eternamente corrucciato, un tipo esistenziale-esplorativo delle regioni incontrollate del cervello nel mito di rappresentare un vero uomo verso una consapevolezza matura di cacciatore che pur sapendo di perdere la propria coscienza, si tramuta in preda delle sue stesse irrazionali pulsioni fino al punto di giungere al raptus che lo spinge a considerare seriamente l'idea di diventare egli stesso un ostaggio del proprio "Sé" che deve essere uccisa in quanto ostacolante e lesiva del suo ideale rapporto con l'amore. Si crea così un transfert di "rapimento" del fascino enigmatico femminile, dove tutto si svolge in maniera veloce e fortuita e Fabio si sente completamente avvinto da quello schema di indice giudicante che lo mette alle strette nel dover rispondere ai grandi enigmi della sua esistenza. Questa come molte altre storie, si possono leggere o come un insieme organico di valenza semantica, oppure come una analisi dei personaggi che possono tramutarsi nel loro opposto, come un cacciatore che scivola gradualmente verso il ruolo di preda mano a mano che si eclissa dentro il diavolo che c'è in lui. Le oscurità del mito e gli interrogativi che suscita, allora, si mescolano abilmente come sfumature di toni a volte spenti e a volte accesi con le recondite emozioni dell'animo che cercano di raccontarsi sulla tela, affidando la voce narrante ad una letteratura del riadattamento e decodificazioni contemporanee: forme che tentano di comunicare un disagio e la tenace voglia di riscattarsi resistendo alla dura pena carceraria. Mentre, però, il mediatore psicologico era impegnato a parafrasare i comportamenti di quei soggetti dietro le gabbie che cercano di contenere la loro cattività ed idiozia, Fabio tentava di superare l'incubo del delitto e di esporre se stesso ad una catarsi attraverso nuovi linguaggi e sistemi di comunicazione. Praticamente Fabio si era avviato in un percorso serpeggiante fra testimonianze di vecchi retaggi del senso dell'onore e nuove tipologie di ninfe che paiono tenere fede ad un voto di castità che vincola le donne a simboleggiare la natura culturale femminile dell'emancipazione. Per tale motivo Fabio aveva dipinto una donna di cui solo l'ombra si intravedeva in gravidanza dove la prima raffigurazione di "signorina" a spasso non era altro che un passaggio col legame dall'adolescenza alla maturità di madre in cui la trasformazione non era altro che una proiezione che prevede solo un istante di batticuore: la giovane prima di trasformarsi in una donna deve partorire non tanto un figlio ma una esile barca del ciclo della vita che lo fa passare presto (troppo presto) da bambino ad anziano remando verso il fondale degli abissi eterni. E' questione di un attimo nel giungere all'irreparabile, specie se non si avverte più alcuna compassione e allora non rimane che trasformare la donna in una stella che orienta il cammino insegnandoci ad avere pazienza e costanza nell'affrontare antiche e nuove deduzioni per aggiungere, magari, qualche consapevolezza in più alla nostra esistenza. Il divino sceglie sempre quale sua forma di espressione di poesia ed armonia di musica e di colori preferisce per rendere unico l'amore pure dietro le sbarre. 

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