All'Istituto Alberto Marvelli, a Braggion, Micciché, Davigo, Cavanna - PROPOSTA IN BOZZA - NUOVE UTOPIE DEI SISTEMI PUNITIVI - A livello dei nuovi modelli della società contemporanea, e della più innovativa teoria penale, si deve parlare di contratto per cui ogni individuo si costruisce nella società con altri tramite un contratto che garantisca prima di tutto la sicurezza della propria persona e dei propri beni che si estende anche alla collettività. Nel caso quindi si violino le leggi stabilite da un patto sociale, non si può che trovarsi al di fuori di uno spazio sociale prestabilito, per essere definiti nemici irriducibili della collettività, che tutta intera ha a questo punto diritto assoluto su costoro, considerati fuori legge. Questi individui sono criminali, che pur usufruendo dei vantaggi del vivere civile, non vogliono in alcun modo rinunciare alla libertà assoluta di cui godono nello stato di natura per cui agiscono prevalentemente in maniera pressoché istintiva ed irrazionale, producendo gravi danni sociali sia morali che materiali. Ma sorge a questo punto la stessa domanda che si è posto in un certo senso Abramo quando intercedeva per evitare la distruzione di Sodoma e Gomorra e cioè: dovrebbe essere punito un crimine, anche il più efferato, che non avesse alcuna possibilità di essere ripetuto all'interno della società, che non avesse provocato scandalo, che oltre ai danni diretti da esso risultanti non ne possa arrecare altri? Un simile delitto non potrebbe rimanere del tutto impunito senza provocare danno alcuno? Ecco allora che la punizione da infliggere potrebbe non essere più calcolata in base alla ferocia del delitto, quanto piuttosto al costo in termini di sicurezza sociale che la sua impunità comporterebbe. Punire, sarà, dunque un'arte degli effetti anche mediatici, piuttosto che opporre l'enormità della pena all'enormità dell'errore in quanto bisogna adattare l'una all'altra nelle 2 serie che seguono il delitto per cui gli effetti propri e quelli della pena si avvicinano al senso comune di giustizia. Quindi, bisogna valutare meglio il grado di utilità e disutilità della pena nel suo intreccio con il senso di colpa individuale e sociale, peccato e delitto per modo di cercare di impedire il perpetuarsi dell'azione delittuosa. Per tali motivi si propone al CSM di mirare a rivedere l'apparato scenografico come un sistema di segni che possano rilevare la gravità del crimine. E' sufficiente una certa quantità di svantaggio legato alla pena anche se di poco superiore (in proposta al mediatore legale Paolo Manzelli) di 1/5 al vantaggio che si potrebbe ottenere dall'infrangere la legge, per dissuadere qualcuno a farlo. D'altronde bisogna scommettere tra l'idea che lo svantaggio della segregazione e della sanzione severa abbia una forza di necessità causale tale da scoraggiare i delitti. Interviene però il dubbio su delitti di stampo mafioso per cui se questo è il meccanismo allora è chiaro che i più possano proporsi come collaboratori di giustizia in maniera inconsulta nella speranza di ottenere la grazia o sfuggire la pena, quando solo con un valido sistema scientifico-empirico si riesce a produrre la verità da differenti campi epistemologici avvicinandosi anche a quella del buon senso comune. Si rende dunque indispensabile la classificazione meticolosa di una casistica accurata dei delitti che tenda a prestabilire già le relative punizioni in considerazione anche del profilo psico-patologico dei delinquenti. Ci si basa allora su alcune regole fondamentali per stabilire un nesso logico e morale fra l'idea del delitto e la sua pena che se richiamata alla mente possa portare a giusti effetti persino a livello di immaginazione punitiva specie a livello di riformatori minorili e di carceri di massima sicurezza. Il primo successo sta proprio in questo: fare capire che comportarsi bene, civilmente, nel rispetto della Repubblica porta a dei vantaggi che danno soddisfazione e promozione a livello di costruttività. 

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