NON SIAMO CAPACI - Il ruolo della Giustizia, per chi ci crede fermamente,  ha ancora oggi un ruolo prioritario nella vita politica italiana, emblematicamente rappresentato dai procedimenti penali che portano alla luce, purtroppo, il diffuso sistema di corruzione mafiosa in cui sono coinvolti pressoché tutti i settori di amministrazione centrale dello stato, gli enti pubblici, le amministrazioni locali, le ASL e le aziende erogatrici di servizi pubblici. Mio compito, seppur deceduto da 33 anni per mano mafiosa nella strage di Capaci a Palermo, è quello di scardinare gli intrecci che caratterizzano troppo spesso i rapporti fra la politica, affari e pubblica amministrazione finalizzati all'illecito finanziamento dei partiti o delle correnti di partito o ideale che portano all'indebito arricchimento personale di singoli che si svelano tramite un inchiesta che compio come atto dovuto. Mi chiamo Giovanni Falcone e particolarmente mi sta a cuore il progetto per sostenere l'impegno culturale e l'osservatorio di promozione alla legalità di cui le nuove sfide oggi, riguardano le influenze e le interazioni con le nuove tecnologie digitali e con l'intelligenza artificiale dove il messaggio "we care" formato da 2 semplici parole, indica il significato profondo di prendersi cura della conoscenza, della ricerca di verità e giuste domande che ogni persona si pone per cercare soluzioni di legalità e di sicurezza contro l'anarchia e gli attentati terroristici come quello di Washinton. Fino a questo giorno del 23 maggio, in cui si ricorda la strage dove io e la mia compagna Francesca Morvillo siamo stati uccisi, insieme alla nostra scorta i modelli storici dei rapporti fra giustizia e potere politico dello stato liberale erano stati segnati dal regime fascista che si basava sul binomio dipendenza/indipendenza della magistratura dal potere esecutivo. L'analisi di questo triste e buio momento storico ha portato a riconsiderare l'assetto normativo che consentiva interferenze più o meno incisive del potere politico sulla magistratura e dall'altro a rivedere meglio i concreti interventi esecutivi per ottenere adeguamenti alle esigenze delle politiche contingenti dei governi in carica, fra cui quella di mettere dei seri paletti (come è accaduto più di recente per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina) agli appalti specie nella costruzione di grandi opere di interesse pubblico che possano snellire i traffici commerciali ed economici. Tuttavia, si verifica sovente che la mole burocratica per iniziare dei lavori e la diversa collocazione istituzionale degli uffici preposti al controllo della regolarità delle opere, porta a dei ritardi nella parte pratica dei lavori sulle infrastrutture anche se queste sono di largo consenso sociale. Da questo si deduce che la delega popolare alla magistratura tra il rilancio degli interventi e la progressiva crisi del sistema dei partiti frazionati al loro interno porta i mafiosi ad approfittarsi della debolezza istituzionale e quindi ad ottenere facili vie di corruzione e di illegalità nel lavoro "nero", nella mancata fatturazione e giusta dichiarazione reddituale e in loschi giri di risparmio sui materiali e su abusi di potere. Si era pensato in passato di creare a tale scopo dei giudici antitangente, ma poi si è avuta la netta impressione che costoro non avessero più bisogno della spalla istituzionale del Consiglio di Stato della magistratura a difesa della propria indipendenza, nè della spalla politica o dei partiti per dare forza alle loro iniziative, ma anzi avessero trovato aperta la via per la diretta legittimazione delle aspettative operative. In realtà quella sorta di delega oggi non rappresenta più i reali equilibri perché nel sistema politico dopo Tangentopoli si è creato una specie di vuoto che emerge dalle attuali elezioni amministrative che sono sempre parziali anche a Bolzano, mentre il governo dal canto suo si regge su una maggioranza parlamentare che rappresenta più che altro solo se stessa dove frequentemente pareva esserci persino una deligittimizzazione sugli avvisi di garanzia a un segretario di partito, ad un ministro o ad un parlamentare come è accaduto nella più di recente nella vicenda Almasri.  Per non cadere in equivoci, è opportuno ricordare oltre la nostra strage a Capaci che quando inviamo un'informazione di garanzia a dei sospettati di collusione con il potere mafioso, noi non facciamo altro che assolvere al nostro compito seppure appaia ingrato e sottolineiamo che tale compito è istituzionale e che costituisce una trasmissione difficile ed onerosa tra il vecchio ed il nuovo regime a riuscire a caricarsi di quelle iniziative giudiziarie di portata ordinariamente estranea alla giustizia penale e a trasformae così i giudici in soggetti politici, dalle cui conseguenze sulla formazione dei governi, sugli esiti elettorali e sugli organigrammi interni derivano importanti decisioni per il governo del paese e per i modelli da perseguire in merito. Questo è un lavoro alquanto disagevole e noi ce ne rendiamo conto e cerchiamo di proteggervi dallo stancarvi di rimanere costanti nella ricerca continua del buon potere nel valore della magistratura. 

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