LA RIFORMA RIVOLUZIONARIA  -  Le istituzioni ecclesiastiche si trovano legate alle strutture temporali in un nodo inestricabile di cui il pontefice pare inserirsi come sovrano temporale nell'attuale gioco diplomatico politico europeo. Per tale motivo si diffuse in tutta Europa, l'ideale riforma gregoriana verso la metà del secolo XI dove movimenti religiosi e popolari si opponevano alla compravendita di benefici ecclesiastici (simonia) e al concubinato del clero (nicolaismo). La loro azione era stata appoggiata da alcuni settori della gerarchia romana, in particolare dal cardinale Umberto di Silva Candida, il quale, facendo leva su un certo rinnovamento dogmatico e disciplinare, intendeva ampliare e rendere definitiva la recente rottura fra la chiesa d'Occidente e quella di Oriente. L'assunzione dell'iniziativa innovatrice direttamente da parte dei pontefici contribuì, in passato a definire i principali obiettivi da riformare per porre al centro il tema della difesa della libertas ecclesiae dalle ingerenze laiche ed imprenditoriali. Ci fu così un'aspra lotta per le investiture al termine della quale queste vennero indebolite da schieramenti che portarono a tensioni riformatrici, mentre si accennò alla visione centralistica e gerarchica della chiesa. In tale modo la riforma ruppe l'unità della cristianità, tra crisi ed espansioni fino a superare nella sua lacerazione interiore lo scisma d'Oriente; con essa infatti si ebbe una frattura profondissima, non solo della chiesa occidentale nel suo insieme, ma anche delle singole comunità, delle famiglie e spesso delle coscienze, divise in se stesse fra fedeltà alla tradizione ecclesiale e coerenza con l'impellente necessità di purificazione e di riforma della chiesa afflitta come ora da grave decadenza. Per tali motivi venne proposto da Carl Gustav Jung la relatività del simbolo del culto della donna e di quello dell'anima dove nella cristianità il principio della sintesi degli opposti è nel culto divino, mentre nel buddhismo nel culto del Sé o meglio ancora nello sviluppo del Sé, mentre in Goethe e in Splitter il culto dell'anima viene indicato nel simbolo del culto della donna come principio di redenzione. In ciò si comincia ad intravedere una parte di principio moderno individualistico, ma dall'altro anche un principio frantumato che assegna non solo ad ogni stirpe, ma anche ad ogni casata, famiglia e perfino singoli individui un suo specifico principio religioso su cui fondare la propria credenza e le proprie convinzioni. Tuttavia, il culto della Donna, servirebbe a rinforzare notevolmente l'anima umana quale fattore psicologico perché la Donna incarna il culto dell'anima. Infatti, nei significativi attributi simbolici che vengono dati alla figura della Vergine Maria nelle litanie lauretane si rivela un significato funzionale attraverso il quale il concetto di anima agisce sull'atteggiamento cosciente e cioè sotto forma di profonda devozione di forma stabile che diviene fonte di saggezza e di continuo rinnovamento. In forma più chiara troviamo questo caratteristico passaggio dal culto della donna a quello dell'anima nell'atto penitenziale che rappresenta un dato culminante dell'autentico sentimento amoroso in cui avviene la rimozione dell'elemento erotico. La particolare circostanza della penitenza, lascia però aperti moltissimi problemi sulla sollecitazione alla coscienza all'interno del desiderio erotico. D'altronde, ulteriori e più diretti elementi vengono a mancare specialmente nei contesti di vocazioni consacrate in seguito a rimozioni morali. Una simile massa di libido, poi provoca nell'inconscio una trasformazione, attivando l'immagine dell'anima e conferendole una efficacia alquanto spontanea e ciò dovrebbe avvenire all'epoca del sacramento della Cresima cioè in piena età puberale. Quindi poiché, particolarmente nella fase puberale c'è un sintomo di adattamento e di funzionalismo evolutivo, è importante che per la maturazione dei processi mentali (dal più semplice al più complesso quale è la coscienza) ci si renda conto che sono tutti accomunati dal loro essere adattivi, cioè dal fatto che possono garantire la sopravvivenza individuale nei confronti dell'ambiente che ci circonda. Dunque, la parte più difficile dell'atto educativo genitoriale e sociale sta nel saper determinare il giusto criterio quantitativo che il soggetto adotta per poter esprimere valevoli valutazioni discriminative anche a livello del proprio corpo nelle sue rispondenze ad impulsi libidici ed erotici in modo da saperli controllare specialmente nella scoperta affettivo-funzionale volta ad esprimere i sentimenti, l'attrazione e la sensibilità proprie dell'indole. In tale senso le fantasie (specie quelle erotiche) nell'età adolescenziale sono molto preminenti determinando nei soggetti coinvolti forti impressioni che incidono l'anima. Oggi particolarmente l'impressione erotica si è unita all'inconscio collettivo con dei residui arcaici che da tempo immemorabile conservano al loro interno le tracce passate delle potenti impressioni suscitate dall'essere femminile specie nel ruolo di madre e in quello di manager come raffigurazioni di modelli verginali desiderabili. La potenza di tali impressioni risiede nel fatto che esse, tanto nel bambino quanto nell'adulto, scatenano forze che meritano l'attributo divino, cioè un carattere mistico-mitologico di irresistibilità e di assoluta coercitività. Da qui l'individuazione dell'adolescente di queste forze come potenze demoniache che si possono impossessare dell'anima, non è tanto dovuta alla rimozione morale, quanto piuttosto ad un'autoregolazione dell'organismo psichico che mediante questa conversione cerca di difendersi dalla perdita di equilibrio per modo tale che la psiche non si lasci travolgere per strada dalla spavalda, insensata e stupida passione occasionale rimanendo alla sua mercè fino allo smodato sentimento di idolatria che lo lega all'oggetto del desiderato amore. Meglio che così non sia! 

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