L'IRRIDUCIBILE ARCHITETTURA DEL MIO - Sono in pensione da 5 anni dopo aver passato 35 anni a fare l'architetto e dopo avere vinto il premio "Valmor" per un mio progetto di villette a schiera con autoconsumo in impianto fotovoltaico condiviso e a distanza. L'immagine di me che avevo quando sarei andato in pensione è quella di potermi finalmente rilassare, magari dedicarmi al giardinaggio, oppure ad un orticello, ma comunque non dover fare più molti sacrifici anche se questi sono sempre stati per me una conditio sine qua non della costituzione dell'individualità razionale soprattutto a livello architettonico. Tuttavia, questo mio ideale, mi ha procurato spesso delle lacerazioni interiori, dolore psichico e grida inespresse di sofferenze, anche a livello della carne dato che ho scoperto di avere delle tendenze trans-gender di cui non sospettavo nemmeno, dato che mi sono innamorato di una persona a mio avviso eccezionale che mi ha accettato quale sono con i miei pregi ed i miei difetti. Comunque, non mi interessa per niente il dominio della totalità astratta delle filosofie idealistiche esercitata da convenzioni balorde sulla concretezza dell'individualità che se il soggetto nega una naturalità schematicamente normale, ricade allora nella mera natura incosciente ed inconsapevole del proprio essere. A me interessa andare al parco quando c'è il sole a dare da mangiare ai piccioni e a godermi il canto degli uccellini e il movimento delle foglie sui rami degli alberi, seduto su una panchina dopo avere fatto una salutare passeggiata. Infondo, credo di meritarmi proprio il dolce far niente dopo anni di intenso lavoro in uno studio che richiedeva il massimo impegno senza risparmiarsi su niente nemmeno i week-end. D'altronde, la soggettività di ciascuno giudica da sovrano circa il senso della sua realtà: chi dirà che spreco tempo, chi dirà che faccio bene a sollazzarmi e bearmi nell'ozio e chi invece penserà che sono da compatire come qualsiasi anziano che non ha più molte energie per produrre e sentirsi ancora utile a qualcosa. Guardando, spesso un albero mi sono spesso detto che quanto più lo spirito umano assorbe la trascendenza dell'oggetto nella propria immanenza e tanto più ricade nel grembo della sua non esorcizzabile naturalità mitica che inopinatamente irrompe, portando all'individuo angoscia specialmente se è anziano e comprende di non servire più a nulla e di essere un peso sociale con in mano granaglie per piccioni. Che cos'è infatti l'idealismo se non il vano tentativo di scambiare la soggettività, che si crede assoluta, con una realtà concreta? Inizialmente pensavo di tornare qualche volta allo studio architettonico per aiutare i nuovi arrivati a capire il lavoro di progettazione come un sacrificio che costituisca una cellula fondamentale del loro stesso pensiero: essa nelle loro giovani menti difatti porterebbe senza dubbio ad una buona elaborazione della dottrina della redenzione di ciò che potrebbe essere mitico. Ma poi, mi sono detto che non dovevo essere petulante con la mia presenza e che piuttosto sarebbe stato meglio se avessi seguito i novellini da lontano, e cioè da casa mia, da un computer in "didattica a distanza" come un tutorial. Questo sarebbe stato per me il vero sacrificio, non quello di svegliarmi la mattina per andare in studio, non quello di vagliare tutti i carismi dei prossimi progetti, no, il vero sacrificio era quello di mettermi in disparte per lasciare tutto lo spazio espressivo ai giovani si sarebbero succeduti dopo di me e che avrebbero portato avanti la baracca. Avanti il prossimo. Il prossimo però era inteso in un duplice senso di repressione dell'istinto, al quale non pareva più lecito soddisfarsi all'età di 63 anni e quello dello spirito di intraprendenza, al quale non era più lecito domandare di torare indietro nel tempo in modo da ritardare l'addio definitivo a questo mondo. Ma più che questa idea bizzarra secondo cui l'amore disinteressato si riverserebbe alla fine di una vita interiore priva di relazioni e asociale, donde l'isolamento ad una certa età per evitare il peso del proprio essere, mi sembra molto interessante la motivazione del riconoscimento per cui ho ricevuto il premio "Valmor" che dice così:"Per il prestigioso progetto di insegnamento secondo il quale il perfetto architettonico è destinato ai posteri perché possa essere di aiuto ai moderni.Il pensiero architettonico appartiene al risveglio sociale" E così quando mi avvicino all'abisso di una profonda, frustrante e deludente solitudine della dimenticanza di esserci stato, mi rileggo quel messaggio e in me si librano le ali seppur un poco spezzate della speranza della realtà di una possibile redenzione. La natura allora continua a risorgere fino a quando il genio non si riconcilia con essa per diventare un irriducibile architetto del mio. Per fare questo però avevo un disperato bisogno di un punto di partenza che mi garantisse la speranza di potermi sottrarre all'infauso destino mitico tenendo presente nel mio lavoro di scrittura di questa storia autobiografica le affinità elettive che avevano ispirato il dramma. Trovai questo in un gradino scalcinato, che significava il decadimento del puro godimento sensibile e l'avvento prepotente della totale indifferenza umana. Così, imparai, piano piano a dover ricomporre diversi elementi in una raffigurazione in cui la realtà emergesse come apparenza di conciliazione estetica. E questo me lo suggerì la mia anima bruta dicendomi "Se non hai altro da dire se non che tutto questo è insopportabile, allora è proprio giunto il momento di toglierti dai piedi". Proprio ciò era il mio peggior rimprovero: un segno di ricerca di un mondo migliore che era dato dalla mia parte migliore, dalla cellula di materialismo che volevo a tutti i costi conquistare prima di morire e di dire che era finita del tutto. In effetti però non ritenevo di esserne capace, ma avrei davvero tanto voluto crearmi una piramide come facevano i faraoni per poter dimostrare al mondo il mio valore architettonico, ed invece quel premio "Valmor" sarebbe rimasto chiuso dentro ad una bacheca senza arte e né parte e poi sarebbe stato buttato al vento quando un altro architetto avesse inventato qualcosa di più grande e di diverso mai visto fino a quel momento come per dire che il desiderio umano non termina nelle immagini ma continua a vivere in esse, così come da esse proviene. L'estetico viene considerato proprio dei poveri che non potranno fare altro che ammirare l'opera d'arte e con essa il suo creatore, perché egli vive non tanto nella figura rappresentata quanto nelle immagini dei desideri umani che si generano da essa. La povertà stessa appare garanzia di vero godimento, di meraviglia e di felicità, così come la solitudine, perché invocano dialetticamente a sé conforto e consolazione in quanto la forza dell'angoscia e della felicità non sono nient'altro che la stessa cosa. I poveri, i deboli, i reietti liquidati dallo strapotere dell'esistenza sono il sale della terra, perché dalla loro sconfitta riverbera la luce di un mondo migljore che ci crediate o no ed io sono disposto a dimostrarvelo finchè vivo.
IL GERARCA - Guardandosi intorno alla stanza dove si era rinchiuso per ripassare la sua parte attoriale politologica, si rivedeva in quel pubblico elettore. Dapprima c'era quel bambino timido sognante che rimaneva come estasiato da raggi radiosi di un utopia, poi c'era l'adolescente che si doveva confrontare con il disincanto della sfida dell'esperienza quotidiana ed infine c'era l'adulto che aveva a che fare con la complessità e la problematicità ed il relativo carico di cifre demoniache di nome azzardo, avventura, scacco, sconfitta e naufragio. Egli, per tale motivo, avrebbe tanto voluto attuare il compito di porsi a livello critico nell'argomentazione deduttiva, ponendosi un itinerario popolato di sintesi delle normative in cui era difficilissimo e alquanto complicato orientarsi per poter raggiungere dei risultati quanto meno decenti. Tuttavia, a livello organizzativo era molto complesso costruire forme di conciliazione/integrazione delle forme antinomic...
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