INDAGINE AL CONCLAVE - Mancano 2 giorni alla riunione del conclave quando già si avverte la pressione dei media e del popolo di Dio sulla scelta del nuovo pontefice: fake news, toto pontefice e persino scommesse ai brokmakers per stabilire quale sia la guida migliore per la Chiesa. Ma ad un certo momento appaiono le suore di san Bernardino di Rimini che proponendo di pregare per i cardinali, appendono nella loro chiesetta un cartellone con i nomi dei 133 cardinali elettori e possibili papabili, sollecitando i fedeli a sceglierne uno in particolare su cui invocare lo Spirito Santo e subito dopo accorgendosi che tale gesto possa influenzare le decisioni in un verso piuttosto che in un altro, esse si ritirano negli esercizi spirituali fino al 10 maggio. Infatti, non hanno fatto bene i compiti e non si sono andate a studiare che c'è il concetto di conciliarismo che conteneva 2 proposizioni molto ardite, secondo cui nella Chiesa il potere deriva direttamente da Cristo, e la Chiesa è essenzialmente, ma anche effettivamente, l'universitas fidelium (cioè l'insieme dei credenti). Il decreto conciliare, in tale senso, è un inestricabile intreccio di principi teologici, di elementi paleodemocratici: esso certamente si giova di vivaci e lunghi dibattiti ed elaborazioni dottrinali a livello sia teologico e sia politico, le cui radici più lontane si possono trovare anzitutto nei canonisti medioevali. La conseguenza concreta di un tale decreto è che il concilio possiede un potere derivatogli immediatamente da Cristo, SENZA MEDIAZIONI PAPALI, e che l'universitas fidelium, rappresentata nel concilio, ha un effettivo ruolo all'interno della Chiesa, particolarmente rilevante nei momenti di crisi come quello che stiamo vivendo, secondo il principio che "ciò che tocca tutti (come l'elezione di un pontefice), deve essere discusso ed approvato da tutti senza distinzione alcuna". Il successivo decreto Frequens costituì il corollario procedurale di Haec sancta, stabilendo un'automatica convocazione dei concili generali con periodicità fissa. Il Concilio di Costanza voleva così garantire una concreta realizzazione dei principi conciliari seppure, tuttavia, tali principi dottrinali non formarono mai un principio organico perché avevano formulazioni sostanzialmente ortodosse ed altre radicali ed eretiche, come quella prevalsa nel concilio di Basilea in cui più pressante si faceva come oggi l'esigenza di rivedere talune dottrine ed istituti tardomedioevali specialmente riguardo il voto di castità ed in base alle accellerate modificazioni culturali avviate dall'umanesimo; lo sviluppo delle dottrine sul consenso e sulla rappresentanza che si lega strettamente all'elaborazione continua e costante da cui deriva il successo delle teorie conciliari. Perciò a livello del conclave si deve tenere conto di tutto il processo dottrinale conciliare nella sua superiorità sul pontefice stesso, perché è il concilio e non il conclave la vera assemblea rappresentativa della Chiesa, in quanto capace di operare quella riforma tanto invocata ormai da secoli. Se il concilio esce sconfitto da uno scontro frontale, comunque rimane una delle dottrine più influenti persino sul pensiero politico moderno. Al concilio ecumenico (di cui il primo antecedente sarebbe da riconoscere in quello apostolico di Gerusalemme, descritto negli Atti degli apostoli al cap. 15) la tradizione della Chiesa universale attribuisce autorità assolutamente vincolante. In particolare modo fra 7 concili precedenti allo scisma ecclesiale si scelgono 4 concili esaustivi come quello di Nicea (325) che affermò contro gli ariani la dottrina dell'houmooùsios, cioè la consustanzialità del Figlio Cristo al Padre. Il 2° di Costantinopoli (381), portò alla condanna dell'apollinarismo, sulla linea di Nicea. Il 3° di Efeso (431), condannò Nestorio, proclamando Maria madre di Dio. Il 4° il concilio di Calcedonia (451), antimonofisita, affermò le 2 nature di Cristo, unite in un unica persona. Successivamente il Costantinopolitano III (680-682) affermò l'esistenza in Cristo di 2 volontà e 2 operazioni. In effetti, la tradizione cattolica ammette una ulteriore serie di concili, ed attribuisce al pontefice un ruolo essenziale, a lui spettando la convocazione e la conferma dei decreti conciliari. Dopo la proclamazione del dogma dell'infallibilità pontificia, nel concilio Vaticano I (1870), il Vaticano II (1962-1965) ha dovuto affrontare problemi del rapporto tra autorità papale e conciliare. Infatti, l'esigenza attuale delle chiese, è di rinnovare a tutti i livelli una effettiva pratica conciliare, che dia voce a tutte le forze presenti nella comunità ecclesiale. Particolare influsso, in ordine al recupero della pratica sinodale, ha avuto durante il concilio Vaticano II e successivamente, il richiamo ad alcuni elementi di tradizione orientale, in cui la conciliarità è attribuita al ruolo di importanza tutt'ora sconosciuta della figura papale nella teoria e pratica della Chiesa. Questo è necessario sapere per non avere timore dei giudizi popolari sulla scelta del pontefice ma piuttosto per avere il timore di Dio e cioè mantenersi aperti all'ascolto profondo e rispettoso della sua Parola evangelica come guida ai passi ecclesiali prossimi. 

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