IL RISORTO FRA LE GUERRE - Un altro giorno in cui ci saranno incursioni russe, qui a Kiev, verrà a mancare l'energia elettrica e ci dovremmo scaldare con lampade ad olio nei rifugi improvvisati di alcune cantine. L'Ucraina era una piccola nazione, ma ora si è ancora più rimpicciolita dopo l'invasione russa e noi siamo costretti a vivere perennemente nella paura delle bombe e dei droni che sovrastano il cielo insieme ai missili con i loro sibili di guerra. Orami non esistono più le costruzioni di grandi dighe sul corso inferiore del Dnepr ed i milioni di ettari agricoli sono irrigati da tempo di sangue e cosparsi di fosse comuni dove vengono sepolti corpi dentro sacchi senza nome come fossero rifiuti. Non abbiamo più lacrime da versare per il grano primaverile che non verrà raccolto o per l'allevamento ovino perché è tutto andato in malora e distrutto senza ritegno. Miniere ed industrie estrattive occupavano il 26% della popolazione attiva, ma ora verranno spartite fra vari contendenti per cui nel bacino del Donec non ci sarà più molto carbone e ferro così come nelle miniere di Krivoj Rog che consentiva l'insorgere dell'industria siderurgica. Rimane solo uno scheletro di centrali, locomotive, e vagoni ferroviari abbandonati e dati in fiamme danneggiati come sono dallo scioglimento del COMECON e dalla disorganizzazione dei circuiti di approvvigionamento e distribuzione, seguita al crollo dell'URSS per un calo di produzione al 50%. Così anche le industrie che producevano beni di consumo hanno risentito della caduta della domanda in seguito all'enorme perdita di potere d'acquisto dei salari specie a causa di impianti vecchi e soprattutto inquinati da sostanze altamente tossiche. Gli scambi commerciali sono fortemente squilibrati e ciò dipende dalle forniture di petrolio e metano provenienti quasi totalmente dalla Russia nostra nemica. Io non posso fare nulla per il mio Paese perché sono una donna, che come molte altre donne nel mondo non può avere voce in capitolo e posso solamente raccontare la mia storia, di un sogno di poter scrivere libera su un giornale esprimendo le mie idee e prospettive di donna che vuole fare riconoscere il valore femminile nonostante l'imperversare delle guerre ed il martirio di tanti innocenti. Nel tentativo di diversificarmi, sono fuggita e mi sono riparata da una amica in Polonia dove sto scrivendo per fare conoscere la realtà del mio popolo ferito ed oppresso dalle miserie umane. Un tempo ero una traduttrice per le mediazioni di accordi commerciali con l'estero, ma ora preferisco arrangiarmi facendo la cuoca o la cameriera dove capita. Kijev è sempre stata fin dal passato una città occupata dagli slavi e poi divisa fra l'Ungheria, la Lituania e la Polonia. Le basi di una identità nazionale vennero gettate dai cosacchi del Dnepr contro l'oppressione straniera, ma l'emancipazione fu vanificata ben presto dall'unione volontaria con il regno di Moscovia, che nel giro di un secolo o poco più portò alla liquidazione dell'autonomia e delle istituzioni tipiche della comunità cosacca. Quindi noi ucraini siamo abituati a combattere ed anche ad essere assoggettati prima agli zar di Russia e poi dai moti rivoluzionari per la Repubblica assembleare indipendente, che attaccata dalle forze bolsceviche, resistette fino a trasformarsi in una Repubblica socialista sovietica e divenire parte integrante dell'URSS. Tuttavia, anche il regime sovietico portò avanti, così, come ora un'opera di sistematica nazionalizzazione solo in parte controbilanciata da un tentativo di forte sviluppo economico e dall'accesso di numerosi ucraini alle più alte cariche del Cremlino ed inoltre il Paese aveva un proprio rappresentante all'ONU. Dal secondo dopoguerra le forze nazionaliste tennero vivo il dissenso fra Russia ed Ucraina finché nella seconda metà degli anni '80 quando sono nata io la perestrojka di Gorbaciov favorì l'emergere di un vivace movimento democratico artefice della proclamazione dell'indipendenza confermata da un referendum popolare. Ora tutti si chiedono come andrà a finire la storia e se dovremmo tornare indietro a diventare possesso russo oppure se verranno trovati accordi come all'epoca del più moderato filorusso Kucma ex comunista confermando una parte di gestione per 20 anni di Sebastopoli e stringendo i freni nei confronti di autonomisti della Crimea. Non so cosa dire al riguardo, le donne non hanno voce in capitolo e non ne hanno mai avuto molto nella storia della guerra e nemmeno in quella di sigle di accordi di partnership, ma io spero che un giorno le cose cambieranno e che le donne, un domani potranno rappresentare la vera Resurrezione fra le guerre, il simbolo della pace e della cooperazione fra i popoli sicché non vi sia più spargimento di sangue: la donna come figura del risorto fra le guerre. 

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