OBIETTIVO PACE - Ero particolarmente emozionata a dover simulare un intervista a Jean-Paul Sartre con l'obiettivo di poter proporre una ipotesi di contratto di pace specie per quanto riguarda la guerra commerciale iniziata da Trump con l'applicazione dei dazi doganali, in prima istanza ad acciaio ed alluminio e poi probabilmente anche al rame. Sartre appartiene a quella categoria di intellettuali progressisti che fissando gli occhi sul suo ideale ti mettono a parte, spesso in modo stentoreo, dei loro aneliti verso un socialismo che possa essere "diverso" da tutti i tipi di socialismo fino a quel momento disponibili sul mercato della storia, ma che sono assolutamente incapaci di definire come Putin tale diversità con un minimo di coerenza e senso del possibile. Disdegnato quello all'inglese, deriso quello scandinavo, deplorato più che mai quello russo, commiserato quello jugoslavo, guardato ormai con sospetto quello sudamericano, preso con le pinze ed infine buttato via anche quello cinese, il socialismo che, gira e rigira, ci resta fra le mani, non consiste altro che in un piccolissimo fervido mucchietto di briciole cui sarebbe alquanto eccessivo dare il nome di utopia e da cui si diffonde un pericoloso quanto idealistico, ma piuttosto ambiguo odore di kibbutz, di bivacchi militari del riarmo stabilito dal parlamento europeo e di battaglie sulle importazioni di prodotti chiave per l'economia internazionale come l'energia, il grano, le auto, il barbon e in futuro il petrolio. Sulla desiderabilità di dettare legge su questi ingredienti, Sartre, come ideologo professionista ha perlomeno il sacrosanto dovere di suggerire qualcosa che ritiene possa essere giusta per contrattare le condizioni di pace, ed invece lui come altri, sembrano indifferenti a questa esigenza e si basano soltanto su scenari di soddisfacimento - tutto privato, tutto lirico - di gridare dai tetti che il mondo non va come dovrebbe andare e che le sue speranze sono state puntualmente tradite. E' uno schema che richiama quello ricorrente nel folklore di ogni paese e specialmente dell'attore Trump, della fiaba delle "sorelle" americane, la più bella delle quali la Groenlandia rifiuta facendo vincere il centrodestra di rimanere alle dipendenze della Danimarca ed anche dell'egida americana a suo rischio e pericolo di rimanere povera di risorse. Sartre, così quando mi incontra con il suo sardonico sorriso mi dice "Lo vede non porto più giacche, ma giubbotti come questo che ho oggi perché è fatto da un sarto che lo ha tagliato e cucito su misura solo per me", dichiara ad un certo punto "E questo perché - sottolinea corrugando la fronte - così i dazi li pago per un vestito di qualità garantita ed anche perché sono convinto che mi durerà molto di più di quello che importerei dalla Cina o dalla Tailandia. Sa quando ho preso questa decisione era subito dopo le dimostrazioni contro il riarmo ed i dazi doganali voluti da Trump ed ho pensato quando spesi 30 euro per confezionarlo che finalmente, alla mia età, ho acquistato insieme a questo giubbotto la libertà di scegliermi i capi di abbigliamento su misura per me. Per anni, pensi, avevo creduto che l'abito borghese, giacca e pantaloni in accordo, camicia attinente e cravatta, fosse da "ingessati" e manieristici, ma allora avrei detto soltanto "E' tremendo, ma bisogna che lo porti, altrimenti mi prendono in giro e non paio credibile o serio". Insomma, mi ero già rassegnato, ma ora non mi rassegno più e mi permetto di interpretare ciò che sono veramente senza subire imposizioni di parte". Sentendolo parlare, occorreva superare l'impressione di essere in presenza di una mente disturbata e cercare di capire che cosa ci fosse dietro quella che Sartre riteneva essere una allarmante confessione. Dopo avere riascoltato attentamente, ciò che aveva dichiarato intuivo che Sartre aveva spudoratamente detto cose insensate, ma che ciò non significava affatto mentire. Nel periodo d'oro dell'essenzialismo che ora pare essere emulato dall'Europa, non si vede più molta eleganza e nemmeno una buona cultura se non nel raggio di pochi metri dal caffè dove l'esimio scrittore sedeva e dove sorgeva una biblioteca. Tutti, quanti, però, giovani vecchi e bambini in età scolare, provinciali, miliardari e turisti non saranno attratti dalla biblioteca, ma dal modo in cui si presentava vestito Sartre per capire cosa sia l'ostinazione di andare da un sarto per evitare il rincaro dei dazi al 25% e fare crescere i prezzi di un 3% rispetto all'IVA del 22% e così da un IVA sui 30 euro del giubbotto di 6,60 euro si doveva prevedere una aggiunta di 0,90 euro per compensare il valore del dazio doganale e perciò Sartre si diceva che preferiva investirli per un prodotto artigianale autentico x un valore di 10 giubbotti e cioè 9 euro e quindi "sprecare" 39 euro. Dobbiamo quindi dedurre che Sartre non voleva restare prigioniero di quegli orribili dazi della guerra commerciale di Trump? Certo, lui voleva distinguersi dalla folla che subisce il colpo basso e poter sottolineare il fatto, che ad un certo livello di fama, di potere e di realizzazione di sé stesso, un individuo non ha più bisogno di affidarsi alla sua esteriore quanto fantomatica singolarità. Tuttavia questa giustificazione non persuaderà Trump a smetterla di fare il gradasso. Infatti, certe minime civetterie, certe sottili sfumature di diversificazione come la sua (intendo quella di Trump) cravatta rossa non fanno altro che dimostrare che infondo, infondo lui sarebbe disposto a trattare con il vu' cumprà di turno per avere una cravatta personalizzata che lo contraddistingua dagli altri capi di stato. Sartre infondo è un tipo fedele a non essere vanaglorioso e nell'accettare di mettersi anche il giubbotto cinese perché gli individui intelligenti non si montano la testa e rimangono dello stampo di professori liceali che insegnano latino, la bibbia e sono conoscitori di una buona ortografia e punteggiatura. I veri intellettuali, infondo sanno muoversi sia con la parola che con la penna e con questa demolire o creare partiti e movimenti e librarsi su complessi sistemi democratici che fanno fatica a rimanere a galla. Quando rientra in biblioteca Sartre spera che qualcuno leggendolo comprenda l'importanza di un sarto e non quella di una bomba atomica, dell'automazione, della fantastica proliferazione delle automobili quando c'è nell'aria l'effetto serra che ci invita ad usare la bicicletta perché in fondo a tutto sono le conquiste di una cattedra faticosamente conquistata e di una scolaresca attenta e curiosa a fare un uomo come si deve. Se la classe non ti fischia più, o non ti tira palline o ti fa scherzi brutali allora vuol dire che hai fatto centro nel fare capire che i dazi spalancano davanti un nulla ed il terrore di guerre intestine e perciò è meglio portare avanti la vittoria sui banchi di scuola perché la cultura sia la migliore arma e lotta per cambiare la mentalità dell'oppressione e della divisione. D'ora in poi vorranno tutti il giubbotto confezionato per Sartre.
IL GERARCA - Guardandosi intorno alla stanza dove si era rinchiuso per ripassare la sua parte attoriale politologica, si rivedeva in quel pubblico elettore. Dapprima c'era quel bambino timido sognante che rimaneva come estasiato da raggi radiosi di un utopia, poi c'era l'adolescente che si doveva confrontare con il disincanto della sfida dell'esperienza quotidiana ed infine c'era l'adulto che aveva a che fare con la complessità e la problematicità ed il relativo carico di cifre demoniache di nome azzardo, avventura, scacco, sconfitta e naufragio. Egli, per tale motivo, avrebbe tanto voluto attuare il compito di porsi a livello critico nell'argomentazione deduttiva, ponendosi un itinerario popolato di sintesi delle normative in cui era difficilissimo e alquanto complicato orientarsi per poter raggiungere dei risultati quanto meno decenti. Tuttavia, a livello organizzativo era molto complesso costruire forme di conciliazione/integrazione delle forme antinomic...
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