ASPETTATIVA DI VITA - Ed eccoci qui a raccontare di Alessandro e Tarek che si uniscono in matrimonio davanti al vicesindaco con amici e parenti che li guardano inteneriti mentre si tengono per mano - Ma no cosa fai - dice Tarek - parti dalla fine del romanzo? Devi raccontare che io sono uno scampato dalla guerra in Palestina e che sono mulatto perché figlio di un missionario e di Aisha una donna di colore orfana di genitori che sono stati uccisi durante le incursioni di droni e sola nella zona di conflitto. Quella che era mia madre, riguarda la storia di una ragazza di appena 17 anni che usciva dal suo guscio solo per cercare acqua e cibo, evitando gli sguardi dei miliziani che controllavano il suo quartiere. Per un po' l'hanno ignorata, ma poi un giorno, quel tremendo, orribile giorno hanno fatto irruzione in casa sua, minacciandola con un arma per poter a turno abusare di lei. Il giorno dopo sono tornati, e poi ancora ed ancora e per 4 giorni Aisha mia madre, ha vissuto un incubo da sola e senza via di scampo. Quando finalmente quei soldati hanno lasciato la casa, lei è riuscita a fuggire, ma dopo 2 mesi si è accorta che era incinta perché vomitava e non le venivano più le mestruazioni ed è per questo che era stata allontanata e rifiutata da tutti tranne da mio padre che ha deciso di sposarla secondo il rito di quelle parti. Nel frattempo, però, mia madre ha passato giorni infernali per strada, senza molto cibo né cure e senza nessuno a cui aggrapparsi. Ma infondo la storia di mia madre è anche quella di molte altre donne vittime di violenza. Purtroppo, però, siamo diventati indifferenti a ciò che vediamo in Tv e spesso diventiamo condizionati a rispondere a vari stimoli del nostro ambiente. Io ho dovuto imparare a non sentire gli stimoli disturbatori nelle varie situazioni che mi circondavano ai quali potevo restare condizionato perdendo così la mia identità. Infondo non è colpa di nessuno se noi continuiamo a rispondere per una sorte di abitudine, indipendentemente dal fatto che la risposta abbia o meno un valore. Molta gente impara ad avere paura degli estranei, a causa di genitori che ammonivano severamente di non avere niente a che fare con sconosciuti ed io ho imparato ad essere diffidente un po' con tutti e comprendo che mia madre mi ha insegnato ad esserlo per proteggermi da persone malfidate come i soldati. Certo, la risposta nell'evitare sconosciuti serviva a buon fine quando eravamo bambini e più ingenui, ma poi molti continuano anche da adulti a sentirsi in forte disagio ed imbarazzo in presenza di qualsiasi estraneo anche se sanno che quello viene in pace e da amico e non da nemico. Gli sconosciuti diventano campanelli che avvisano che ci può essere un pericolo in vista e noi per abitudine fuggiamo per non rimanere delusi dalle nostre aspettative di poter essere importanti. Io ho trovato molta difficoltà, particolarmente nei primi tempi che sono arrivato in Italia, a potermi orientare nell'ignorare totalmente i campanelli di allarme, soprattutto se esso arrivava nella mia testa inaspettatamente. Non è affatto facile conservare un intimo equilibrio, lottando contro ciò che ci circonda malgrado la guerra che scoppia intorno a noi, il fuoco, la pestilenza e soprattutto l'amore non corrisposto, ma dopo un po' di tempo ho dovuto imparare a farlo per non soccombere e perire. Il principio di contare fino a 10 vale a dilazionare la risposta invece di frenare le grida che mi salivano dentro quando ero fra la guerra. Sapevo che dovevo trattenere i nervi a posto, sapevo che dalla mia risposta a ciò che mi circondava dipendeva la giornata e per questo tutt'ora continuo ad allenarmi nella tecnica dei 10 secondi per rinviare la risposta in modo da calmarmi e di eliminare quello stupido riflesso automatico della fuga." - "Hai ragione - rispose Alessandro - io non so cosa hai vissuto, ma so rimanere ad ascoltarti mentre lo racconti perché il racconto di una esperienza ci fa crescere nel pensiero di poterci svegliare di notte a sentire le esplosioni della guerra e a rimanere svegli per la paura." "Sì è proprio cos'ì - risponde Tarek con uno sguardo segnato dalla sofferenza e dall'incubo della guerra - io sento la nostalgia del mio paese, dei ricordi della missione in cui sono stato accolto, degli amici che ora non vedo e sento più, ma più di tutto mi sento ancora turbato dai frequenti litigi tra gli adulti per poter primeggiare, quando a noi non serve che un attimo di tregua che ci faccia sentire in pace e liberi dall'oppressione. A noi non serve che poter avere la possibilità di realizzare un sogno di poter continuare ad andare a scuola e di avere una identità che ci possa rendere finalmente visibili. Perciò ho deciso di entrare a fare parte dei volontari del Comitato Comunitario di Protezione all'infanzia. Si tratta di gruppi di persone che svolgono funzioni fondamentali a garantire la protezione di bambini all'interno delle proprie comunità, che sono state create all'interno di un progetto per contribuire in qualche modo al miglioramento dei sistemi educativi per l'infanzia e l'adolescenza, progetto che poi è stato esteso anche in alcune zone europee per cercare soluzioni qualitative ed eque-incluse più che quantitative dei servizi offerti. Ogni gruppo è costituito da 20  volontari che hanno ricevuto una formazione specifica per riuscire ad identificare i bisogni dei bambini ed adolescenti delle varie comunità e sapere come fronteggiarli e che, dopo avere definito il programma dell'anno in corso, si attiva per contattare le famiglie o gli ospitanti (alcuni sono orfani e vengono ospitati da parenti. Questo programma di lavoro prevede il  coinvolgimento della popolazione locale che viene informata delle procedure specie per registrare all'anagrafe ed attribuire le identità ai minori. Dopo avere ottenuto la carta d'identità ci si può occupare dell'iscrizione a scuola in modo tale che attraverso la compilazione dei relativi documenti burocratici si può ottenere una piccola sovvenzione che serve a mandare avanti le famiglie in modo che tutti possano studiare e per lo meno imparare a leggere e scrivere per potersi preparare per un futuro migliore. Mano a mano, poi, che i bambini e gli adolescenti cresceranno noi saremo a fianco degli ospitanti per essere sicuri che anche loro venga permesso di studiare e prepararsi ad un domani più agiato. Nel frattempo raccontiamo questa storia nel tuo romanzo, amore mio, perché magari possa essere di ispirazione a qualcuno che ha il nostro stesso sogno ed obiettivo: scardinare il male dei dazi e delle guerre commerciali, attraverso il bene di un supporto che faccia davvero sentire di fare parte della grande Comunità europea." 

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