LA CAUSA INTELLIGENTE - La più parte delle persone segue la tendenza verso la spiegazione razionalistica dei fenomeni naturali per caratterizzare il corso del pensiero generale. Invece, la nozione di causalità o di relazione causale stabilisce una connessione necessaria tra i fatti dell'esperienza, sia che tale causa rinvii a cause puramente fisiche e meccaniche e sia che essa esiga per la sua spiegazione cause più intelligenti e finalistiche. Si tratta, dunque di studiare una più ampia formulazione del concetto di causa, tale da influenzare tutto il pensiero per dargli precise e più specifiche identificazioni, come fece d'altronde Aristotele il quale indicava espressamente la conoscenza con la ricerca delle sue cause che da lui venivano distinte in 4 tipi: 1) causa materiale (ciò di cui una cosa è fatta); 2) causa formale (la forma, il modello o meglio l'essenza di una cosa); 3) la causa efficiente (l'agente che produce la cosa); 4) la causa finale (il fine per cui una cosa viene prodotta) ma il professor Rovizzi sosteneva che a queste cause ne mancasse una e cioè la causa modulata a vantaggio di un insieme. Infatti, la scolastica successiva, arricchì il modello aristotelico ci ricerche dedicate per lo più a cause dirette ed indirette, univoche ed equivoche, e soprattutto diede rilievo alla causa prima, identificata con Dio e fatta valere come prova della sua esistenza e come argomento cosmologico. Piuttosto che la causa prima già ampiamente confutata dalla domanda "Chi creò Dio?" che fa comprendere quanto sia errato l'argomento, secondo Rovizzi bisognava studiare meglio le molte leggi naturali che vengono intese come convenzioni perché molte di esse non sono altro che MEDIE statistiche come quelle che derivano dal calcolo delle probabilità. Quindi bisogna capire in primo luogo di cosa si deve occupare un legislatore perché egli deve ordinare i comparti legislativi in un modo, piuttosto che un altro, mentre le leggi naturali non fanno altro che descrivere come avvengono i fenomeni. Perciò i teologi più moderni  asseriscono che Dio aveva come motivo principale di creare certe leggi naturali che è dato dal problema di una morale troppo rigorosa che ritarda il progresso intellettivo con il timore di Dio inteso come paura degl'ignoto, dell'occulto, dell'insuccesso e soprattutto della morte. "Dobbiamo essere più pratici - disse Rovizzi ad una conferenza - vedere il mondo nella sua giusta luce, coi suoi pregi ed i suoi difetti, ma senza temerlo e piuttosto invece, pensare di conquistarlo con intelligenza senza dunque esserne schiavi. Per questo dobbiamo avere fiducia anche in noi stessi, e guardare al mondo con sicurezza e ciò richiede lo sforzo umano di acquisire la saggezza, la bontà, il coraggio della libera intelligenza che per secoli e secoli è stata soffocata da idee ignoranti. Occorre sperare nell'avvenire, e non voltarsi a guardare a cose obsolete, a rimanere fermi ai dazi doganali di Trump che invece non significano altro che un tentativo di evoluzione. Per Hume la necessità causale e la conseguente presenza di leggi universali nella natura è solo una mera ipotesi, motivata unicamente da una abitudine psicologica-associativa umana e ciò lo si vede dalla crisi del processo meccanicistico della natura, che oggi è totalmente inadeguato a rendere conto dei fenomeni del mondo microscopico e dell'universo relativistico e lo si vede dalla revisione del processo di Chiara Poggi dove si è studiato un altro approccio per verificare il DNA come prelievo e della sua validità anche dopo anni dalla causa intentata inizialmente. Il carattere statistico delle leggi scientifiche, in particolare modo, può generare discontinuità e soprattutto indeterminismo che provocano l'assunzione di nuovi e più valevoli modelli di spiegazione dei fenomeni; e ciò soprattutto in merito alla fisica quantistica che nel suo studio ha sostituito il modello deterministico con quello probabilistico in cui il nesso causa-effetto non è più importante secondo i tradizionali criteri di "oggettività". Nel contempo l'epistemologia si è posta il problema se le leggi scientifiche debbano intendersi come realistiche traduzioni dei fenomeni naturali, o non piuttosto come schemi pratici e funzionali in cui assumere convenzionalmente le misurazioni quantitative e le previsioni sperimentali in genere. In verità le leggi scientifiche mirano a rilevare la costanza e l'uniformità dei fenomeni mediante descrizioni altamente scientifiche per cercare sequenze che possano essere uniformi, ma che esigono comunque una continua verifica da parte dell'esperienza e che quindi non avanzano più la pretesa di spiegare i fenomeni facendo ricorso a supposte relazioni di causalità oggettive. Tali concezioni portano all'elaborazione di un nuovo e più articolato concetto di causalità che io - affermava Rovizzi - spero tanto sia quella modulata a vantaggio di un insieme uniforme da cui si ricava la legge, come dire che tutti ipoteticamente possono raggiungere il successo partendo dalle stesse opportunità, ma solo pochi poi riescono a mantenerlo costante per la loro effettiva bravura e per il fatto della COMPETENZA a sapere applicare le giuste leggi, regole o formule per averne un effetto giusto di mancanza di eccessi sia nel poco che nel molto. Credo che sia questo lo scopo principale dello studio scientifico e che ciò porti sia al progresso umano che alla pace nel mondo." Così terminava la sua conferenza.  

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