PREFERISCO PECCARE- Per me il colore della passione è il verde di un prato dove ci si può distendere a guardare l'infinito cielo, sentendo la rugiada che ti sfiora la pelle. Il colore verde è l'oggetto del mio essere diventata un'amante perché fra me e l'amore si è sovrapposto lo schermo che mi faceva vedere proiettata l'immagine di ciò che potevo essere e ciò che la potenza dell'amore poteva farmi diventare. L'oggetto del mio amore, è l'unica cosa che mi qualifica come persona perché mi fa sentire potente nel possedere ed essere posseduta, mentre la mia anima si annulla tutta nella sua corporeità. Infondo, ciò che esiste realmente una cosa d'amore, possiede, invece, un suo modo di essere soggettivo, perché è di per sé un soggetto di tanti possibili predicati. Guardandomi, vedo solo dei momenti di idee fugaci che si inseguono nascoste nel buio dei sospiri e dei gemiti e sento di essere come tanti, una indeterminata ragione di esistere, ed ecco perché ricerco nell'altro la copia diretta e più precisa del mio essere che mi possa rappresentare al meglio abolendo ogni artificialità e intermediazione fra l'idea idilliaca di me e la cosa che sono durante lo spasimo. Dunque, sono uno sinonimo del corpo fonte di sensazioni che vanno e vengono e che poi si perdono in un'altra idea che ciò che chiamiamo oggetto non sia altro che la costruzione di una folle fantasia mentale. Io non voglio ridurmi, io voglio avvertire tutto ed il contrario di tutto, voglio continuare ad appartenere al sogno erotico e seguire le mie pulsioni fra i fantasmi dei miei sentimenti. Lo so sono parziale perché soddisfo solo delle esigenze del momento, che poi quando passano mi pento amaramente, ma non posso rinunciare a sentirmi viva fra le braccia del mio amante, non posso rinunciare a sapere che mi sta accanto seppure nell'ombra e che ci tiene a me come alla cosa più preziosa del mondo. L'incontro è avvenuto durante una conferenza, dove si parlava del soggetto inteso come materia come presupposto della forma ed io dovevo preparare una tesi di laurea proprio su tale argomento. Subito, rimasi come folgorata da quell'individuo che parlava con le sopracciglia aggrottate e quei movimenti fluidi delle mani e delle braccia che mi parevano i tentacoli di un polipo e mi parve di vedermi già immersa nel suo mondo senza nemmeno conoscerlo tanto. Di seguito dopo essergli andata a chiedere se poteva darmi qualche materiale per la mia tesi, lui mi invitò a bere un caffè e poi mi chiese il perché volessi tanto complicarmi la vita a scrivere quella tesi ed io gli risposti "Lo voglio fare perché non mi sono mai sentita un soggetto, ma sempre un oggetto nelle mani di qualcuno e così non ho mai sentito di designare una esistenza reale, ma di fare parte di una idea di una mente che mi ha messo dentro un romanzo allo scopo di avere successo" "Ah - rispose lui come interdetto dalla mia motivazione - allora tu vorresti fare la rivoluzione della tua stessa sostanza?" "Diciamo di sì, lei che ne direbbe?" Non rispose alla domanda, ma mi consegnò un foglio con su scritti degli appunti stilati sia al computer che a mano con delle note e poi infondo c'era scritto il suo indirizzo e se ne andò dicendo "Telefonami, quando ti sei letta i miei appunti che sono proprio curioso di sapere cosa ne ricaverai tu" Io mi misi a leggerli immediatamente appena arrivai a casa, dopo essermi chiusa nella mia stanza da letto e già mi parve uno scandalo leggere che il soggetto vero è il suo stesso peccato perché deriva dal fatto che Adamo conobbe la sua nudità e ne ebbe paura, mentre Eva ne era più consapevole, ma comunque cedette ad un inganno dei sensi e solo dopo si accorse che seppure all'inizio le era piaciuto, poi quel rapporto fra corpo ed anima non sarebbe durato più di tanto e sarebbe finito da lì a poco per essere scoperto ed avvertito come una colpa. Dopo avere letto quelle righe, compresi che anche io mi ero lasciata ingannare dai discorsi sull'inferno, sul fatto di doversi sentire persone inique e reiette se si tradiva e se si pensava solo a soddisfare i propri impulsi perché infondo anche io desideravo peccare per sentirmi più viva e per sentirmi più vera. D'altronde tutta la mia vita era una menzogna fatta di preghiera detta in maniera abitudinaria, fatta di fingere di essere una brava persona, quando invece odiavo le mie sorelle che l'avevano sempre vinta, e che potevano sempre ottenere appoggi, mentre io dovevo faticare e obbedire sempre come una sguattera e di ciò mi ero veramente stufata e strastufata. Davvero, non ne potevo più di rimanere ingabbiata, in una vita scialba e modesta, dove non ero altro che una qualunque, in un posto qualunque, in un momento qualsiasi di passaggio che si reca a trovare la sua fortuna ed invece si trova davanti la sua tresca. Quando si inizia una storia nell'ombra, poi non si riesce a finirla e se ne diventa dipendenti come da una droga. Non posso dunque fare finta di nulla e non pensare a quanto mi sono sentita una ladra, che ruba minuti e momenti di una vita e che si nasconde e fugge quando è il momento opportuno. Poi si fa ritrovare, fugge, poi ritorna e fugge ancora come fanno i sentimenti. Lo ammetto è proprio vero: il soggetto è il suo stesso peccato di fare in modo che le cose vadano tutte al loro posto e che le pedine funzionino in modo che il gioco sia favorevole e che tutto corrisponda al sogno ed al desiderio di raggiungere la meta: sentirsi unica. Preferisco peccare, perciò, così sempre viva rimarrò. 

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