IL PAESAGGIO DELLA SALVEZZA - Fra la nebbia aleggia la storia completa e perfetta della realizzazione umana, intesa come il superamento o il riscatto della finitezza, dal dolore e dalla morte. Mentre viaggiavo, guardando fra i finestrini di un treno, pensavo che la mia salvezza potesse rappresentarsi in un birapporto là dove indipendentemente dall'unità di misura in cui viene espressa la lunghezza dei segmenti e l'orientamento essi non mutano anche se si proiettano da un punto su un altra retta e perciò 4 elementi di una forma di prima specie considerati in un certo ordine, possono formare un gruppo armonico se il loro rapporto vale -1 per cui i primi 2 elementi, possono separare gli altri 2 armonicamente. Questo infondo, infondo cerchiamo tutti: una armonia con il creato e con noi stessi. Per questo motivo tentiamo continuamente ed incessantemente di infrangere il limite spazio-temporale che ci opprime credendo, forse ingenuamente, nella Promessa divina di una condizione assolutamente diversa da quella presente, per una prospettiva rivolta sia al passato che al futuro. Così i miti a tale riguardo, sono imperniati sull'idea di un ritorno ad una originaria età dell'oro o a una vita edenica precedente la colpa per cui l'attesa si concentri sul tempo escatologico e sulle particolari modalità individuali e collettive per avvicinarsi alla venuta della Salvezza. Tuttavia, la vera Salvezza pur includendo la liberazione umana, la trascende in 2 direzioni: essa si riferisce a realtà che occhio non vede, né orecchio mai udì quali il perdono dei peccati, la resurrezione dai morti, la visione di Dio; inoltre in quanto il suo pieno compimento è annunciato per il futuro, essa opera come costante principio critico, nei confronti di ogni realizzazione umana di ordine di giustizia sociale. Mi trovavo in un momento di sublimazione, quando stavo compiendo questo viaggio come il passero solitario sulla torre antica, che si divincolava fra i suoi deliri di incompiutezze e la poesia del savio che sa vedere al di là di quella siepe confusa che tanta parte lo sguardo esclude e sa sedersi, fermarsi e bloccarsi per mirare infiniti spazi e sovrumani silenzi di là dal sé che sa ispirarsi al vigore di nobili passioni come risonanza di una grande ed immensa anima. In tale modo qualsiasi autore che si accosti verso l'ignoto subordina la precettistica formale al valore primario interiore di una "divina follia" per formulare una specie di trattato con il Creatore. Non riuscendo a contemplare disinteressatamente qualsiasi oggetto, ed avendo una tremenda paura del ritardo del mio treno delle occasioni, ed orrore suscitato da quello spazio incommensurabile dell'infinito, dalla dismisura, dal senso di vuoto, dall'oscurità, dalla solitudine ed l'opprimente silenzio soffermai lo sguardo su un alto pino ricoperto da gocce di speranza che si stagliava fiero anche se informe fra il cielo e la terra, in quell'unione che sa sorprendere ancora chi la coglie nel suo intenso sentire e fra il profumo di resina che si incorpora nell'anima dispersa. Eppure, i suoi rami erano come quei fendenti di psicopatia, nevrosi e aberrazione di un passante che feriva bambini ed uccideva incidentalmente per gioco qualcuno, con la testa annebbiata dai suoi torvi pensieri a cercare in Germania la sua calma, così come un kamikaze dei mercatini di Natale come se emulassero i nazifascisti e il mito distorto della loro potenza soggiogante terroristica e minacciosa. Io mi sentivo piccola, fragile ed incapace di darmi risposte a tutto quello scempio fra l'odio di guerre, fra ricchi e poveri, fra brutture e vincitori di gare e così entrai nella setta degli indifferenti come per anestetizzarmi da tutto quel marcio, come per non vedere più e non sentire tutto il rumore assordante che colpiva implacabile la mia anima. Ed allora compresi che non ci si può mai salvare da soli, che ci si deve trafiggere solo dai raggi della poesia che fa uscire la bestia per trasformarla in bellezza che fa riscoprire agli uomini ancora un'altra meravigliosa Primavera. 

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