VIVERE LA MEMORIA - La filosofia della memoria si inserisce in un oggetto di studio rilevabile capace di giungere alla verità di poter trovare spunti di incontro e dialogo con la produzione ebraica ispirata a temi e problemi propri dell'ebraismo. In conseguenza dello stato di diaspora, la filosofia ebraica è venuta di volta in volta assumendo caratteri di genere greco-ellenistico, araba, moderna cosicché i pensatori ebrei vengono anche considerati appartenenti a tali ambiti. La prima espressione di ebraismo, fu elaborata ad Alessandria d'Egitto dove Filone stilò un sistema dottrinale che fondeva in sé stesso elementi della tradizione veterotestamentarie con varie dottrine platoniche e accademiche. Successivamente, nel medioevo, la filosofia ebraica si sviluppò in connessione con i 2 poli della vita e della cultura ebraica ad Oriente in Babilonia, e ad Occidente dopo l'anno 1000 in Spagna, Provenza e Italia. L'esponente più antico era un iracheno che cercò di stabilire un confronto dialettico tra la fede ebraica, quella cristiana e quella islamica e adottò per primo i metodi di kalàm dove cominciava ad avere un grado notevole la fiducia nella ragione e l'esperienza sensibile vissuta nell'evidenza intellettuale immediata, nella tradizione autentica (trasmissione di percezioni passate) e dalla deduzione logica. La verità della Legge (Torah) viene dunque attestata sia dalla possibilità di giustificare razionalmente i contenuti metafisici ed etici del tempo, sia dai segni soprannaturali e storici che garantiscono la missione profetica. Dai testi sacri, quindi si ricava l'affermazione della contingenza dell'universo, perché il mondo ha avuto inizio per opera del Creatore; di questo l'essere umano non può conoscere l'essenza, ma l'analisi dell'atto creativo a cui si inferiscono alcuni attributi importanti per ogni religione e cultura (unicità, vita, potenza, saggezza) che non intaccano mai la fondamentale unità divina anche se trinitaria. Sugli attributi divini si è incentrata spesso la discussione ebrei che non finirà mai specie nella sostituzione del termine "vivente" con "esistente" e sull'insistenza dei termini "vero" e "volente" e "potente" e "saggio". I temi cari al giudaismo (amore divino, redenzione e stato di peccato) si intrecciano poi con le dottrine neoplatoniche-arabe nell'emanazione per gradi e universalità della materia e della forma (ilemorfismo universale) a cui seguono vibrate polemiche di filosofi che rivendicano la purezza della religione ebraica: a questa spetta il merito di avere introdotto nella storia umana un'energia specifica (la "cosa divina") di cui non ci dovremmo mai scordare e che attraverso la venuta di Cristo, non è più riservata solo al popolo eletto, ma a tutti quelli che intendono partecipare aggregandosi spontaneamente alla comunità d'Israele per fare in modo di sanare il conflitto tra filosofia e fede sfruttando abilmente i procedimenti dell'esegesi allegorica che si ricava dalla Scrittura e dalla tradizione della teologia razionale che ricalca, a grandi linee telefoniche l'aristotelismo scolastico per cjui l'esistenza di Dio viene dimostrata attraverso l'analisi del movimento; dalla nozione di motore immobile da cui si deducono l'unicità e l'immaterialità di Dio che agisce sul mondo sensibile attraverso una gerarchia di intelligenze, l'ultima delle quali è l'intelletto agente, cui si congiunge l'intelletto proprio di ciascuno di noi. Dall'intelletto agente, deriva anche quel particolare tipo di illuminazione che è la profezia che costituisce una politica ideale di fusione e platonismo del re-filosofo. Parallelamente agli sviluppi menzionati si assiste anche ad un tentativo di ripresa mistica all'interno dell'ebraismo che non è più di circoli ma è incentrata sui problemi del rapporto fra l'Uno ed il mondo, del male e della redenzione per il concorso cruciale di elementi esoterici, teurgici e magici che hanno espressione nella qabbalah che ha degli aspetti assai critici, nonostante il merito di avere recuperato il senso profondo delle leggi religiose positive, al fine della Salvezza dal peccato. Ecco il motivo per cui si è generata la polemica che giustificava la norma ricorrendo ad ingegnosi allegorismi che potevano essere fraintesi e creare situazioni conflittuali e divisioni per coesistenza di un intransigente razionalismo e un tradizionalismo spinto all'estremismo pervaso da emotività esponenziale. Perciò c'è sempre stata una lotta antirazionalista che possa riportare a dialoghi d'amore ispirato a quello divino. Perciò si deve trovare una nuova forma filosofica che sia più a contatto con l'esistenzialismo che riesca a districarsi nel complesso di credenze religiose, tradizioni culturali e rituali, vincoli etnici che non siano solo appartenenti al popolo ebraico specie a livello di sfumature che superano la primordiale comunità patriarcale dell'esodo per divenire esperienza viva di una maturazione che sia di massima chiarezza nel tema dell'Ascolto del Deuteronomio capitolo 6,4 che stabilisce una coerenza indiscutibile che viene elaborata nella topica "IO SONO COLUI CHE E'" o meglio "IO SONO L'ESSENTE" per un risultato complessivo della rivelazione che si innesta nella storia di ciascuno per una consapevolezza di un Dio positivo distinto dal Dio subordinato per una sorta di relativa autonomia sostanziale che porta a poter sperimentare le vere occasioni di offerta libertà nelle decisioni irrevocabili per il bene o per il male, per la vita o per la morte fino alla meta finale della piena conoscenza del riflesso divino in cui vedremo le cose e noi stessi nella Verità che rende effettivamente liberi da qualsiasi infrastruttura umana. Il dialogo parte proprio da tale atto: conoscere i testi canonici di Daniele in cui c'è un'eterna tensione messianica risaltata fra l'altro dagli scritti apocalittici presenti anche nel Nuovo Testamento. Seppure nel riconoscimento della venuta di Cristo gli ebrei non perdono la loro identità anzi in un mondo ostile che cerca di assimilare questo atto trovano in questo una nuova funzione: preservare e difendere tutti i patrimoni religiosi includendoli fra loro e solo così avere la pace. 

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