TUTTA COLPA DI CICERONE - Tuttavia non ce la faceva davvero ad avere relazioni di qualche importanza imperniato com'era di quella specie di filosofia spiritualista sviluppatasi in lui con intenti polemici verso il materialismo e la corporeità. Per questo dentro all'armadio aveva ancora quel vecchissimo giubbino di jeans con il quale si credeva moderno e che invece lo rendeva alquanto goffo, dovendo svecchiare da solo come un capo poco attinente il resto dell'abbigliamento che era da uomo maturo e quegli occhiali con la montatura da tartaruga. Egli con il suo modo di presentarsi, voleva caratterizzare il recupero dell'interiorità coscienziale per una sua specie di rivendicazione della superiore verità del pensiero sul corpo e del carattere trascendente della realtà, secondo la tradizione di sua madre che era una maestra che voleva intrecciare nel proprio carattere istanze piuttosto introverse per diventare (così almeno credeva) irreprensibile e virtuosa nel suo esistenzialismo che doveva essere simile a quello francescano tanto che a lui aveva dato proprio il nome di Francesco Pio i suoi santi preferiti. Nel suo filosofare, quindi, Francesco Pio colse l'ispirazione cristiana dantesca di avere una musa ispiratrice che come ideale femminile della sua anima, lo guidasse verso la beatitudine con un atto di spirito però non più oggettivo dell'essere come punto di partenza del filosofare, e per un metodo di analisi dell'interiorità che considerasse, almeno in parte, anche l'inferenza razionale nel suo percorso. Voleva iniziare il suo lavoro trattando dei problemi della disciplina nelle varie tappe di emancipazione dove egli, lo ammetteva, aveva incontrato molti conflitti con un convenzionalismo arcaico che aveva appreso a livello educativo in maniera scarsamente determinata nel sé. Cominciava da quel momento all'età di 60 anni un processo di discernimento per una maturità adulta che portava al declino di quel tipo di approccio con l'altro sesso, che conduceva alla conseguenza di sentirsi un balordo nonostante si sentisse pronto a capire meglio Piaget nelle sue lezioni e nel suo linguaggio che voleva essere finalmente liberatorio da quella patina di polvere che lo aveva soffocato. In conseguenza, di ciò Francesco Pio non appariva che come un pessimista prettamente tecnico-professionale che manteneva una attrazione verso il processo di liberazione dell'empirismo da cui si creavano però problemi relativi a quella che può essere chiamata opera di chiarimento e di precisazione delle nozioni strutturali del discorso puramente scientifico. Riteneva, infatti, che uno dei suoi compiti fosse la delucidazione di concetti basilari e più generali comuni a varie discipline in cui si articola un discorso accademico di qualsiasi genere. Così, mentre le nuove ricerche scientifiche particolari, tendono alla costruzione di adeguate spiegazioni o teorie concernenti questo o quello specifico dominio, egli mirava invece ad altre cose per campi di nozioni astratte e generali indipendentemente dai loro contenuti specifici di ipotesi di leggi. Volle, così, generare dei gruppi di questioni che determino un significato e che diano i requisiti che un sistema più o meno complesso debba avere per essere considerato. Nel primo gruppo inseriva una classificazione di sentimenti ed emozioni per poter distinguere fra forma, realtà e contenuti social che debbono essere evitati o stimolati a seconda del carattere più o meno forte dei destinatari che ne fanno uso e che ne rimangono inevitabilmente condizionati fino al punto da esserne fagocitati e poi risucchiati in un vortice di aggressività e di oblio pressoché totale. Cicerone non c'era, non aveva spazio, ma in questi casi sarebbe stato meglio se fosse presente con il suo indirizzo classico e comunque all'avanguardia. Se Cicerone poteva rappresentare una via, Francesco Pio la voleva percorrere fino alla fine del suo tempo.
IL GERARCA - Guardandosi intorno alla stanza dove si era rinchiuso per ripassare la sua parte attoriale politologica, si rivedeva in quel pubblico elettore. Dapprima c'era quel bambino timido sognante che rimaneva come estasiato da raggi radiosi di un utopia, poi c'era l'adolescente che si doveva confrontare con il disincanto della sfida dell'esperienza quotidiana ed infine c'era l'adulto che aveva a che fare con la complessità e la problematicità ed il relativo carico di cifre demoniache di nome azzardo, avventura, scacco, sconfitta e naufragio. Egli, per tale motivo, avrebbe tanto voluto attuare il compito di porsi a livello critico nell'argomentazione deduttiva, ponendosi un itinerario popolato di sintesi delle normative in cui era difficilissimo e alquanto complicato orientarsi per poter raggiungere dei risultati quanto meno decenti. Tuttavia, a livello organizzativo era molto complesso costruire forme di conciliazione/integrazione delle forme antinomic...
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