IL SEMAFORO DEL SENTIMENTO. ROSSO- Il cervello può imparare la rabbia quando entra nell'oscuro che disorienta in molte verità cruciali. Ciò avviene fin dalla prima infanzia quando impariamo ad essere competitivi attraverso la menzogna che è la prima arma strategica che crediamo avvicinarci all'eroismo di fare molte cose contemporaneamente dando l'impressione di essere produttivi, ma in realtà la natura compulsiva dei nostri comportamenti è rivelata dal motivo principale per cui agiamo in codesto modo: vogliamo avere il controllo della situazione. Mentiamo ostentando falsa allegria ed ipocrita felicità che ha ben poco a che fare con la nostra realizzazione e solo per rendere fieri ed orgogliosi i nostri genitori e per mostrarci agli altri in questo stato d'umore solo per sembrare simpatici e non pedanti nel dolore e nella sofferenza che abroghiamo per sentirci forti e vincenti. Mentiamo denigrando ciò che avremmo voluto avere ma non siamo riusciti ad ottenere perché riconfiguriamo il significato di un obiettivo segretamente e fortemente perseguito ma per noi inafferrabile, pur di non dover riconoscere di averlo mancato. Mentiamo mostrandoci cinici nei confronti di tutto e tutti per evitare che le cause specifiche del nostro dolore vengano analizzate e ci mettano poi in forte imbarazzo. Mentiamo riempiendo le nostre menti di concetti altisonanti che vorrebbero dimostrare la nostra intelligenza, ma che subdolamente, invece, tolgono spazio all'importante riscoperta di antiche sensazioni di ignoranza e confusione su cui in realtà si fonda lo sviluppo della personalità. Mentiamo sul valore reale del nostro ruolo sociale nel possedere titoli di stato, conseguimento di lauree ed attestati di master vari o posti di rilievo perché pensiamo che essere brillanti possa essere una forma di prestigio per riuscire a difenderci dal nostro passato e presente emotivo, ma in realtà come avviene per un editore non vogliamo lasciare ad alcuno la possibilità di spazi per una indagine intima e consequenziale perché infondo vorremmo che l'altra (oggetto di desiderio) si potesse più affidare all'affascinante sensazione del mistero, mentre invece noi avremmo bisogno di arginare l' unica cosa che non abbiamo bisogno di imparare: la superbia. Mentiamo fingendo di essere più semplici come una amica nonna di quanto in realtà stiamo proclamando perché pensiamo che l'analisi sarebbe per noi una perdita di tempo e che sia meglio affidarci al buon senso per tenere a bada qualsiasi traccia della nostra complessità convincendoci che pensare poco sia una vera e propria forma di intelligenza superiore per avere pace sia interiore che esteriore. Mentiamo nell'atto di difesa dell'onestà emotiva che non ha in realtà nulla a che fare con la morale perché in fin dei conti è egoistica e serve solo a cautelarci e così fuggiamo per poter permetterci omissioni che poi in verità ci costringono a pagare un prezzo troppo alto come quello della vita così come è successo a Margaret Spada. Mentiamo nel negarci l'opportunità di crescita perché non vogliamo conoscere una buona parte della nostra mente, finendo per essere aridi e suscettibili che conducono poi a lungo andare alla razionalizzazione come unico meccanismo di difesa. Insomma impariamo l'arte di mentire per sentirci meglio, più giustificati nell'errore e per non soccombere ad esso e non lasciarci infossare dalla sua polvere alla polvere e cenere alla cenere, ma alla fine lo scopriamo e tale scoperta ci dissesta e ci dilania al punto da farci diventare i lupi del lupo che ingoiano Cappuccetto Rosso solo per fare apparire il loro ego e per fingere che vada tutto bene. "Vedrai andrà tutto bene" e non ci preoccupiamo mai troppo.
IL GERARCA - Guardandosi intorno alla stanza dove si era rinchiuso per ripassare la sua parte attoriale politologica, si rivedeva in quel pubblico elettore. Dapprima c'era quel bambino timido sognante che rimaneva come estasiato da raggi radiosi di un utopia, poi c'era l'adolescente che si doveva confrontare con il disincanto della sfida dell'esperienza quotidiana ed infine c'era l'adulto che aveva a che fare con la complessità e la problematicità ed il relativo carico di cifre demoniache di nome azzardo, avventura, scacco, sconfitta e naufragio. Egli, per tale motivo, avrebbe tanto voluto attuare il compito di porsi a livello critico nell'argomentazione deduttiva, ponendosi un itinerario popolato di sintesi delle normative in cui era difficilissimo e alquanto complicato orientarsi per poter raggiungere dei risultati quanto meno decenti. Tuttavia, a livello organizzativo era molto complesso costruire forme di conciliazione/integrazione delle forme antinomic...
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