I FIAMMIFERI DI NATALE - Romanzo regalo per Alessandro Ramberti - Quando ero una bambina, mia nonna mi raccontava sempre la storia della piccola fiammiferaia che non aveva nient'altro che un pacchettino di fiammiferi che aveva trovato per terra vicino ad un alberello di Natale decorato di una stazione del piccolo paesello di Viserba dove lei abitava. Era notte e faceva molto freddo e la piccola fiammiferaia vagava per le strade intirizzita dal freddo e stretta nel suo cappottino di lanetta blu che le era stato ripassato da sua sorella maggiore, e con quelle scarpe rosse di cui lei un pò si vergognava perché avevano un taglio maschile in quanto le erano state donate da suo cugino Alberto che era più abbiente di lei e che stava diventando un ragazzone che studiava medicina all'università di Ferrara. La piccola fiammiferaia quando raccolse il pacchettino di fiammiferi, non vide nessuno attorno a cui potessero appartenere, ma sentì solo il miagolio di un piccolo micetto che aveva fame come lei e che cercava un poco di conforto nella hall di quella stazioncina dispersa nella Romagna. Guardando quel pacchettino la fiammiferaia sospirando si disse "Speriamo che non siano troppo pochi questi fiammiferi che così mi posso almeno scaldare per un poco di tempo" però non li contò nemmeno per avere una speranza di poter riuscire a cavarsela in qualche modo con quel regalo della provvidenza. Così, poiché la fiammiferaia aveva le mani molto gelate decise di accendere il primo fiammifero per riuscire a sentire nel calore di quella fiammella, anche il calore della consolazione di quel Dio che glieli aveva donati sotto l'albero e quando accese il primo fiammifero fece anche una preghiera "Mio Dio ti prego di donare la Pace al mondo" e subito le parve che si potesse sentire in pace e carità pure lei mentre lo chiedeva. Ma tuttavia, lei non poteva, invece, avere molta pace perché faceva fatica a scuola ad imparare bene la matematica ed era per questo che si sentiva stupida, ed inoltre a lei piacevano molto le poesie, ma si domandava se potessero piacere anche al mondo che usava le armi, che usava la ricchezza ed il potere e che voleva solo il prestigio del comando. "Con la poesia non si mangia" - le disse sua madre al rientro da un convegno dove parlava un noto poeta ed allora capì che non si poteva fare molte illusioni e che sarebbe dovuta andare ad accattonare sogni per le strade come una mendicante, che sarebbe dovuta andare a cercare la sua poesia fra gli stracci, nell'immondizia, fra la carta straccia di qualche bravo autore. Intorno però con quelle luci di Natale, le pareva già di vedere quella poesia che brillava come non mai fra le strade e la gente che se ne andava via chissà dove e sentiva quei profumi di candele accese fra i chioschi e fra i rami di pino e vedeva i bambini che vivevano la magia dei balocchi di Babbo Natale e della Befana. Le sarebbe bastato anche solo un briciolo di quella poesia come spilla da appuntarsi sul petto per avvertire ancora la bellezza di quando era con la nonna ad ascoltare vicino alla cucina a legna le storie di Natale, ma nel frattempo finì il primo fiammifero e la bambina si ritrovò presto al freddo e con i morsi della fame che le attanagliavano lo stomaco. Si raggomitolò allora vicino ad una panchina con quel micetto che con il suo pelo un poco la riscaldava e che le faceva buona compagnia in quella notte in cui lei si sentiva così sola ed abbandonata, in cui lei si sentiva così priva persino dell'anima e della dignità. Ogni cosa attorno le parlava del Natale, ma lei non aveva nessun regalo da scartare e nemmeno un posto proprio dove andare che tanto, in ogni posto si sarebbe sentita povera e invisibile e quindi sarebbe stata calpestata come una sigaretta consumata. Così decise che se quella fosse stata la sua ultima notte di Natale perché doveva morire assiderata ella l'avrebbe trascorsa dentro ad una chiesa perché almeno lì si sarebbe sentita al sicuro, dato che nessuna forza del male poteva mai permettersi di valicare quella soglia. Prese dunque coraggio e con il micetto in braccio e il passo veloce entrò in quella chiesetta dove c'era un coro che stava cantando canzoni natalizie e che con le voci candide faceva rimbombare nelle navate la sua armonia che si infrangeva fra le colonne e che faceva rimanere estasiati. Tuttavia la funzione finì da lì a poco e la chiesetta doveva essere chiusa ed allora ella con il suo micetto dovette uscire perché nessuno la voleva pure lì perché avevano tutti paura di una persona diversa, una persona strana che pareva un poco folle a parlare con quel micetto e nessuno le chiese dunque se avesse mai bisogno di qualcosa perché tutti pensavano solo alla festa che li attendeva nelle loro famiglie e fra la cena e il pranzo di Natale del giorno dopo. Suonò la mezzanotte e la bambina si rese conto che era tardi e che lei sarebbe dovuta andare a dormire, ma poiché trovò un foglietto che se ne stava volando via fra i costoni del marciapiede, decise di utilizzarlo per scrivere con quella punta carbonizzata del primo fiammifero la sua poesia che se ne volasse in cielo come una preghiera come lei. "Se sono come un addobbo di Natale vorrei recare gioia e colore a tutti i bambini del mondo che sappiano che io volevo regalare a loro il fiammifero della mia Speranza che potesse regalare loro un pò di pace e di calore là dove erano disperati per la fame e per la guerra e dove non c'era il sole in terra offuscato com'era dal male, dal dolore e dalla sofferenza, che il mio fiammifero portasse a loro la pace della coscienza di poter avere un poco di carità anche per chi appariva come una nullità" Lo scrisse così con un certo trasporto affidando il suo messaggio al vento che lo portasse da chi ne aveva più bisogno, ma il suo messaggio volò fra le sbarre di una prigione che pareva che lì non avesse alcun senso, ma un angelo lo fece arrivare ad un padre che aveva spacciato droga per riuscire a fare una bella vita e per avere ricchezza facile ed egli si commosse perché gli pareva che il buon Dio si fosse ricordato che c'era anche lui e quindi quella poesia non fu proprio dispersa ed inutile, perché anche fra le sbarre ci può essere un piccolo addobbo che può dare consolazione a chi è rinchiuso e vinto da una condizione segregata, una condizione di dimenticato, una vita da recluso. Infondo, dopo tutto anche la bambina apparteneva a quelle persone che vengono emarginate ed escluse nonostante si dica che a Natale si deve essere tutti più buoni. Poi la bambina decise di consumare tutti i suoi fiammiferi per sentirsi ricca e piena di gioia di quel regalo tutto per lei e perché non voleva risparmiare troppo che la vita è troppo breve e dura come la fiammella di un fiammifero e poco più e perciò in quell'alito di calore ella si poteva sentire ispirata e scrivere altri versi che andassero pure dove capitava di qua o di là attorno che tanto per lei era uguale, uguale, in quanto la poesia non fa differenze per nessuno e si dona veramente a tutti per elevare la vita con il suo inestimabile valore. Al secondo fiammifero fece una richiesta di poter portare pane a chi non l'aveva e di dare anche un motivo per restare allegri a quelle persone che erano tristi e sole come lei in quella magica notte. "Non ti preoccupare se la notte è cupa e fredda, questa poesia ti sia di consolazione fra le lacrime e la sofferenza che ti dia un valore sconosciuto perché con il suo verso ti faccia ascoltare del mondo il suo liuto" Ma non è ma così, non è mai proprio così c'è chi vuole avere l'attenzione solo per sé e così salirà sul podio della benevolenza la sorella minore che tutti affermano essere tanto buona e pacifica e la piccola fiammiferaia, invece, rimarrà nascosta e tacita ad ingoiare la rabbia di restare nell'ombra come se fosse inesistente ed allora potrà solamente consumare un altro fiammifero ed un altro verso per potersi sentire meglio per avvertire il balsamo nel cuore livido e offeso e per sentire di contare ancora per il cielo che con la sua pioggia possa bagnare quel foglio delle sue stesse lacrime di commozione e che quindi porti il suo messaggio a chi sospira e spera che si disgeli il cuore. "Son qui per te ancora come speranza fra l'indaco ed il violetto, sono qui per dirti che l'amore sa renderti perfetto, se solo ci credi, se solo ci credi un poco, sono qui per dirti che l'amore è come il fuoco che scalda, che sa ancora sognare, sono qui per riuscire a farti svegliare nel calore di un sorriso, sono qui per guidarti in Paradiso". Mentre scriveva intirizzita la sua mano si fermava tremolante fra le righe ed i versi che si spiegavano sul foglio e la piccola fiammiferaia si sentiva in colpa per non avere nient'altro da offrire, per non avere molto da poter dire se non quello che stava nel suo povero cuore che forse era malaticcio perché batteva come un tamburo assonante e perciò lei si sentì presa da una morsa e dovette riposarsi e così si addormentò vicino a quella panchina di una hall di quella stazioncina dove tutto scompariva e dove forse lei non si sarebbe più risvegliata, ma lei voleva che la sua storia non fosse mai finita ed era per questo che consegnava quei foglietti di poesia: ci voleva credere che avessero dentro del Natale la magia.
IL TALENTO DI AMARE. Io non conosco ancora molto bene l'amore ed è per questo che a volte non riesco a distinguerlo in mezzo alla gente che incontro lungo la via. L'amore chiede conto a ciascuno dei doni che egli affida, attraverso intuizioni convincenti o meglio postulazioni assunte come principi di dimostrazione o ancora testimonianze degne di fiducia. L'amore è una rivelazione di qualificazione che viene scritta nel mondo e nella storia, ma io non ho nessuna qualifica per poterlo dimostrare perchè sono una semplice viandante continuamente in cammino. Io però mi sono lasciata trasportare da una parola chiave che è la parola talento che era una unità di misura che riguarda la Chiesa in cui la manifestazione della Fede è una norma di credibilità del valore che non è proprio ma è di una funzione di una totalità che si esprimono nell'adesione a Dio con specifico riferimento del Cristo fatto uomo nell'accezione di proposizioni o dogmi o istanze che li definiscono. L...
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