LO SPAZIO DI UN SI'. Questa è la storia di una suora che ha deciso di entrare in un istituto religioso di consacrate per una serie di motivi molto seri. In primo luogo questa suora si è sentita sola ed abbandonata fin da bambina perché aveva dei genitori anafettivi che non le facevano mai molte coccole e nemmeno le davano molte soddisfazione avidi com'erano sia nell'elargire il bene morale e sia nel darle quello materiale per cui la sorella era sempre vissuta nell'essenzialità. Successivamente la sorella fu colpita da grave malattia agli occhi e divenne per un periodo ipovedente, facendo molta fatica ad apprendere a scuola e a riuscire a studiare, leggere i libri e la lavagna e per questo motivo dovette portare dei pesanti occhiali che le rigavano pesantemente il naso e il retro delle orecchie dandole non solo un supplizio fisico, ma anche quello di sentirsi insultata dai compagni di classe per come si presentava e per quanto appariva goffa. Il fisico poi della suora era di cagionevole costituzione ed ella così si ritrovò a dover sopportare il dolore di un melanoma prima per cui subì un intervento chirurgico e poi una serie di altre malattie, fra cui la pertosse, il rachitismo e poi anche la colite spastica intestinale. Il suo percorso quindi fu segnato da vari calvari e quindi fin da giovane all'età di 15 anni cominciò a pensare di avvicinarsi al noviziato per poter condividere i suoi molti dolori e sofferenze con l'unico amore che le potesse comprendere: Cristo in croce, Gesù eucaristico corpo e sangue immolato per la Salvezza. Poi lei voleva recarsi dalle suore per stare lontano dal mondo mondano e da tutte le sue tentazioni ingannatrici come quelle del possesso delle ricchezze e quello della lussuria e poi dopotutto avrebbe avuto un pasto caldo ed anche se rinunciava a beni materiali e doveva indossare una veste particolare, o relegarsi dentro quel convento comunque si sarebbe sentita più tranquilla e serena e sempre meno tesa a dover sapere come comportarsi, cosa dire, come dirlo, che approcci avere con le persone che incontrava. Ma in effetti a sua sorpresa le cose non andarono proprio come se le aspettava ed ella poichè era sempre malaticcia fu destinata a rispondere alla corrispondenza mail perché era brava a scrivere in italiano e poi era anche brava ad interpretare le migliori risposte evangeliche da dare. La prima lettera a cui dovette rispondere (se lo ricordava ancora) era quella di un uomo di più di 60 anni celibe che le scriveva "Cara suor Celestina - così si chiamava la sorella - sono un uomo celibe di più di 60 anni che si è accorto grazie ad una amica di essere un cafone, di essere freddo fino ad arrivare al punto di essere persino sprezzante ed indifferente al vero bene, ma devi sapere che io sono cresciuto in maniera molto severa e che nessuno mi ha veramente insegnato la buona educazione di sapere dire grazie, prego, per favore, e soprattutto di sapermi scusare quando si offende qualcuna come la mia migliore amica a cui donerei il cuore e pure tutto me stesso per non perdere un dono così prezioso che Dio mi ha messo lungo il cammino e poi mi sono accorto attraverso di lei quale sia il vero bene ed è sicuramente riuscire a maturare nel coraggio di chiedere SCUSA e di fare ammenda cercando di migliorarsi di giorno in giorno, insieme tenendosi per mano e pregando per avere la grazia di vedere sempre la bellezza dell'altra. Infatti la mia amica mi ha suggerito di pregare attraverso la preghiera del "Vieni Santo Spirito" là dove dice "Scalda ciò che è gelido, bagna ciò che è arido (come il mio cuore) piega ciò che è rigido (come il mio corpo e la mia personalità introversa). Ma ora per il male che ho fatto alla mia amica rischio di perderla e di non poterla più trovare accanto a me e debbo dirti che ho scoperto che mi manca di giorno in giorno quella sua determinante e schietta e limpida presenza. Mi manca, mi manca davvero e non so come fare per poterla riconquistare insieme alla sua fiducia in me" "Caro amico, - gli rispose Celestina - tu quale brano di vangelo applicheresti in questo caso quello in cui Gesù dice di porgere l'altra guancia oppure quello del riprendimento fraterno e pacato? Oppure anche il brano in cui Gesù dice che se noi abbiamo qualcosa da sistemare contro i nostri fratelli o sorelle dobbiamo lasciare i nostri doni all'altare ed andare prima a riconciliarci con loro? Tu cosa sei disposto a tollerare per la tua amica: i suoi silenzi che parlano di bene così come i tuoi molti silenzi di vuoti di presenza oppure invece quelle che tu ritenevi scocciature? Tu cosa sei disposto a fare per lei quando ti pare di essere importunato dalla sua presenza a darle lo scorpione avvelenato ed il serpente soffocante oppure invece a darle il pane del tuo bene e il canto del tuo bene? La scelta spetta solo a te, la responsabilità di coltivare una amicizia che ritieni importante per la tua maturità di uomo e per la gioia della tua esistenza è solamente tua, tua, tua e non appartiene a nessun'altro e perciò sei tu che devi cominciare a guardarti dentro per capire che a volte bisogna saper perdere per poter avere un bene grande, a volte bisogna accettare anche il dolore cocente della sconfitta per capire quale sia la gioia e conoscere la resurrezione. Caro amico la scelta spetta a te di capire come puoi essere concretamente un buon cristiano e per tale faccenda ci vuole moltissimo impegno, ma tu sei davvero disposto a praticare questa strada oppure invece vuoi che sia solo la tua amica che ti stia appresso, che sia solo lei a doverti comprendere, ad interpretare per il verso giusto ciò che sei? Fattene una ragione: in amore vince chi perde tutto e si mette in gioco ed in discussione continuamente senza mai omettere nulla e facendo passare l'amore dalla ragione, e la ragione dal cuore e così, solo così facendo scoprirai lo spazio per il tuo SI'".
IL TALENTO DI AMARE. Io non conosco ancora molto bene l'amore ed è per questo che a volte non riesco a distinguerlo in mezzo alla gente che incontro lungo la via. L'amore chiede conto a ciascuno dei doni che egli affida, attraverso intuizioni convincenti o meglio postulazioni assunte come principi di dimostrazione o ancora testimonianze degne di fiducia. L'amore è una rivelazione di qualificazione che viene scritta nel mondo e nella storia, ma io non ho nessuna qualifica per poterlo dimostrare perchè sono una semplice viandante continuamente in cammino. Io però mi sono lasciata trasportare da una parola chiave che è la parola talento che era una unità di misura che riguarda la Chiesa in cui la manifestazione della Fede è una norma di credibilità del valore che non è proprio ma è di una funzione di una totalità che si esprimono nell'adesione a Dio con specifico riferimento del Cristo fatto uomo nell'accezione di proposizioni o dogmi o istanze che li definiscono. L...
Commenti
Posta un commento