L'ANTIPATICO PICO. Certamente l'avvocato aveva ragione di pensare che il suo mestiere non avesse una precisa sede determinata né un aspetto suo proprio e nemmeno dote particolare perché ella potesse ottenere e conservare quella fede, quell'aspetto e quella dote che desiderava anzitutto per se stessa e decideva poi di avere. Difatti nell'arbitrato giuridico si rifà la natura al cui potere ci si consegna e un avvocato si consegna quasi come un libero e sovrano artefice che sa plasmarsi e colpisce nella sua particolare forma ciò che aveva prescelto. L'avvocato d'altronde sapeva essere camaleontico nella sua natura libera e polimorfa: durante il processo di metamorfosi, poi ritornava al mito di una filosofia pitagorica di sapienza ebraica per apparire come un modo d'essere più nobile e super-partes a tutti, anzi potenzialmente sublime. Dunque se una persona sceglie la strada della filosofia di Pico che tutto osserva e studia con retta ragione deve avere ammirazione perché non segue un istinto animalesco ma segue quello che più si avvicina agli angeli. La persona che Pico voleva forgiare nella sua parte giuridica sarebbe stata di natura varia e multiforme e cangiante. A livello della fabula e del lupus la donna di Pico non è mai maestra dal punto di vista istituzionale, ma monaca di Monza manzoniana che come splendida creatura tende ad essere dotata di armoniose misure del cosmo vivificato dalla singola anima anelante come amante nel mondo. Così sta al centro dell'universo con le braccia e la testa ed i piedi che sfiorano il cerchio interno nel modo che la sua altezza sia uguale alla larghezza delle braccia distese che significano accentramento che prevede però una estrema indeterminatezza e potenzialità, per le sue vaghe parole ed espressioni, dispregevoli per le cose materiali ormai trascurate ed oltrepassate ed abbandonate al mondo mondano che non sa pià far elevare e volare il libero pensiero per farlo avvicinare a Dio nella poetica. Entra in gioco, così, l'analisi dell'anima del piede inteso come facoltà vilissima che alimenta e ciba ed è fonte di piacere dei sensi, mentre la mano è la parte irascibile che si lancia impulsivamente a prendere e rapire per causa del desiderio occasionale e momentaneo come un'avventura di una perpetua di una chiesa. Da lì le membra poi si spargono e si dividono senza tregua e si riuniscono solo da riferimenti di raffigurazioni di movimenti rapidi e continui che passano attraverso i numeri divini di Pitagora e di Empedocle il quale simboleggia le 2 nature dell'anima nell'odio e nell'amore, nella guerra e nella pace per trovare quiete fra ORDINARIO ed ORDINALE che riguardano i tempi delle attese e delle prestazioni e degli slanci.  Fra queste sorge l'ansia ed il senso di profonda frustrazione della somma teologica che vuol creare una matrice superba di arti liberali che cercano fra i dogmi di Zoroastro quelli che riguardino la prospettiva cristiana. Dunque accanto ai precetti evangelici si citano 2 comandamenti importanti come "niente di troppo" della moderazione e "conosci te stesso" dell'avanguardia di eguagliarsi al "TU SEI" divino che riguarda il canto di un gallo che segna i 3 tradimenti di Pietro quando non vuole riconoscersi fra i discepoli di Gesù e così viene a conoscere l'amarezza, la tristezza, la vigliaccheria e la miseria dell'amore umano nella sua debolezza e complessità. Infondo Pietro traditore così come Giuda Iscariota si sentiva inadeguato a seguire Gesù ed è per questo che si autocondanna alla dannazione del dilemma interiore che riguarda l'invidia e la gelosia dell'incapacità di saper comprendere come si dovrebbe strutturare il dibattito coscienzioso che non riguarda certo una ostentazione di ingegno, ma riguarda invece una certa audacia di saper controbattere ai rimproveri con la più matura consapevolezza e non con vaghe giustificazioni arroganti di chi giudica per essere lodato nella santa guerra competitiva di sapersi assumere ciascuno le proprie responsabilità delle proprie carenze e mancanze e degli errori sapendo chiedere scusa ed impegnandosi a migliorare nel proprio andivenire. D'altronde se Pico si confesserà incapace, l'accusa successiva sarà di temerarietà ed incoscienza, mentre se ammetterà sin dall'inizio che in nessuno c'è mai nulla di grande e singolare se non il compito chiaro di essersi assunto il proprio ruolo sociale e democratico seppure così pesante e motivato, allora anche se resterà solo dalla coscienza limpida e pura la sua cultura risiederà nella stessa battaglia di sentirsi onorevole anche nella sconfitta e nella caduta dell'oppressione. L'anima deve viaggiare libera nel suo infinito moto universale. 

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