L'ANTIPATICO PICO. (inteso come Pico della Mirandola) - PROPOSTA IN BOZZA - Questa è la storia di una spia che si chiamava in codice Pico, proprio come il celebre Pico della Mirandola e che aveva il compito di fare dei dossieraggi, e hackeraggi nei confronti di personaggi noti della politica e del mondo imprenditoriale. Egli, siccome bruciava travolto da ambiguo e duplice amore, come preso da una psicopatologia amorosa, in cui il compiacimento per le sofferenze d'amore, gli stilemi ricorrenti, ed i contrasti di parole, cercava un util danno, anche in eccessi di forzature di sensi, di impennate, di virtuosismi, di figure retoriche desuete e quindi per lui preziose mentre spiava dal buco di una serratura culturale. L'amore, che vedeva nelle sue indagini, sotto copertura non sembrava nulla di più che un pretesto voluto, osservato per avere in qualche istante di crisi e di tristezza un po' di compagnia, ma in realtà poi in concreto non veniva mai vissuto e nemmeno molto consumato. In realtà, infatti colui che amava fra i suoi spiati, non si alternava mai molto a colui che era amato ed era per questo che nel suo dossieraggio Pico usciva talvolta con violenza dal puro suono delle parole spalancando, invece, immagini come la neve che fa tremare e agghiaccia lo sguardo del potente conduttore del gioco, il laccio che prende e stringe seppure in azioni dolcemente struggenti, in un circolo vorticoso anche se artificiale. Pico, in una sua relazione scriveva "L'essere umano pare avere il cuore talmente indurito, che l'emozione non lo coinvolge né lo investe più e perciò tende ad avere una intelligenza incline più che altro a soddisfare sé stessa con belle ed accorte giustificazioni vaghe ai peccati di omissione e a mancanze di serio impegno e diligenza. Parole, parole, parole soltanto parole che di fronte a desideri vivissimi, generano una specie di vita parallela, in quanto sia i desideri che le azioni non sembrano capaci mai di tradursi completamente in espressioni adeguate a capir l'amore dove si trovi e come si trovi. Io come indagatore dell'anima amorosa, inseguo sempre l'amore ovunque e lo penso e lo descrivo con rigore, ma anche con eleganza dove il sentimento sublime dà perfezione all'imperfetto per natura femminile nella sua bellezza corporale che trova il suo oggetto, preferibilmente in un amore volgare di passione di anima sensitiva incline a cedere al coito (a proposito del problema di sessualità declamato stamani da un sacerdote anziano durante un omelia) perché prevalentemente irrazionale. L'amor celeste, invece agisce considerando il pericolo dell'attrazione materiale e fissandosi soltanto sulla bellezza spirituale dell'anima e dell'intelletto, qualità presenti in ogni persona. Coloro che si lascian trascinare da codesto amore aman generosamente come virtù evidente pure nel corpo mentre si avvinghia nell'atto sessuale. Il tono dell'amor, infatti, deve rimaner alto e solenne nel disegnar la forte teologia di innamoramento continuo e coeso al nucleo dell'anima. Solo il bene deve rimanere l'oggetto sincero e leale del desiderio e così, ogni natura possiede qualche perfezione a sé propria per partecipazione alla bontà. Mentre spiava vide da lontano il Mosè dello spartiacque dove si doveva separare il mare imperioso e tempestoso sa quello calmo e spumeggiante e quindi trovare possibilmente la vera necessità amorosa da soddisfare che abbia però un fine proprio come per un bibliotecario con gli occhiali per cui la sua natura di maschio dovrebbe essere capace di soddisfare la felicità materna alla quale tende la sua compagna, come ogni cosa importante che tende al suo centro: il ventre gravido ed il seno pronto ad allattare l'amore vivente e vincente. Nella creatura del nascituro che non possiede capacità di conoscenza, questa inclinazione è un desiderio naturale quando gioca con i bambolotti a ricoprire la parte materna e paterna ed a testimoniare la provvidenza che agisce per guidarci. Dunque davvero l'amore è un ritorno a Dio? Spiando non gli pareva perché i suoi clienti erano disponibili a depredare e derubare l'altro di qualche bene di cui avvertiva il diritto di possesso per cui veniva a scomparire la fragranza vitale che si espande attorno, attorno aprendo davanti agli occhi la figura aulica di rappresentazione del nucleo centrale dell'anima, mentre la letizia che personifica la gioia dell'anima non riesce mai completamente a sfociare ma si stalla nel raggiungimento dello splendore dell'orgoglio di una immagine di bellezza dell'anima che tende a raggiungere l'unione. E non gli importava affatto, di quante sostanze avesse questo o quell'altro, siamo tutti diversi, ma alla fin fine vogliamo più o meno le stesse cose: appartenere ad un movimento universale che sia iscritto nella stessa Costituzione, voluto imopresso da Dio, pur considerando che l'uomo fatto oltre che dal mondo, è sostituito anche di sensibilità e ragione all'interno delle sue paure ed è per questo che a differenza di altri esseri sulla faccia della terra si dovrebbe convertire così come suggerisce un avocato. "!Convertitevi e non peccaate più" 

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