IL PANCHINARO. Dal valore atteso di perfezione Alessandro dall'angelo Raffaele aveva capito che per riuscire ad ottenere la perfezione bisognasse passare attraverso il termine di PERDONO  come incoraggiamento ad abbandonare i sentimenti di rabbia verso chi ci ha offeso, in quanto sentimenti di compassione e pietà sono elementi fondamentali della prima nobile Verità la quale stabilisce che sulla terra tutto è sofferenza e tensione e che il raggiungimento della pace sia subordinato all'abbandono dei desideri terreni. Non sempre, però, il perdono va di pari passo con il pentimento perché esiste una predisposizione al perseguimento della giustizia come empatia che serve a costruire un ambiente armonico e quindi più produttivo. Per esperienza Alessandro aveva capito che era molto meglio usare il termine comprensione specialmente per creare mediazioni possibili che esulano da pressioni fuorvianti nei confronti delle vittime offese che poi si sentirebbero in colpa qualora capissero che umanamente non sono in grado di perdonare, piuttosto riescono a tollerare per la necessità applicativa di natura continua di uno dei principi etici della cultura dell'organizzazione che migliora e fa migliorare le persone che vi partecipano. Infatti, a livello psicologico la persona gravemente offesa nel suo essere, potrebbe vedersi costretta a perdonare in virtù di valori religiosi, anche se la realtà è che l'incontro con gli offensori o i carnefici potrebbe rinfocolare dei sentimenti profondamente negativi, da interpretarsi come un inconscio meccanismo di protezione verso il propagarsi a proprio danno di successive situazioni di ingiustizia che potrebbero nascere dalla estrema fragilità e vulnerabilità della vittima. Si verrebbe così a creare una situazione antipatica di dicotomizzazione tra concessione deo perdono e i reali sentimenti verso chi ha offeso per un sistema di moral unforgivers per cui è meglio attuare il perdono del distacco dalle persone offensive creando dei distanziamenti che impediscano ad entrambe le parti chi di approfittarsi della debolezza dell'offeso e chi invece di percepire da ciò un continuo senso di colpa ad essere inadatti o poco duttili ai dettami dei carnefici che vogliono manipolare e quindi creare delle marionette a proprio uso e consumo. Non si parla molto di Hargrave che ha realizzato un percorso a stazioni mobili, al fine di evitare un approccio lineare unidirezionale verso il termine PERDONO. Infatti in tale percorso alle persone è pienamente concesso di oscillare tra una stazione ed un altra e quindi possono regredire o progredire nei loro sentimenti durante la loro ricerca di ripristino di una normalità delle loro relazioni e reazioni e perciò qualora non vi siano condizioni per proseguire nel ripristino di rapporti sani fra le parti non ci deve essere il coinvolgimento attivo di coloro che hanno prodotto l'offesa né si deve giungere a ciò frettolosamente e superficialmente. La prima stazione riguarda un processo introspettivo nel quale l'offeso si interroga sul perché abbia percepito l'offesa ricevuta come tale e se ha ritenuto che si tratti di sensazione di forte umiliazione e mortificazione allora si rimane a cercare di comprendere la persona che ci ha arrecato danno se l'ha fatto di proposito oppure se era ignara degli effetti negativi che produceva con i suoi gesti se no non si riesce ad avere alcuna apertura verso il danneggiante nel ricomporre la relazione e questa deve rimanere piuttosto formale che di totale coinvolgimento affettivo specie quando la controparte offendente non comprende cosa possa fare per migliorare i propri atteggiamenti e che debba avere più tatto, tenerezza e gentilezza nei confronti dell'offeso e perciò se questo non può avvenire proprio per la durezza di cuore o la sterilità affettiva dell'offendente è molto meglio che non vi sia più coinvolgimento nel processo di perdono del carnefice e che da lui si prendano le dovute distanze. Il perdono prevede infondo che si provi anche odio se no non si realizza un processo intrapsichico e perciò Hardgrave non enfatizza mai questa fase come assolutamente negativa, ma come un senso di impotenza nei confronti dei torti subiti ed i relativi sensi di colpa che hanno provocato nell'allontanarla dall'affetto. La rabbia può avere un aspetto positivo se serve a determinare il processo di percezione di abbandono del proprio stato emozionale incline alla vendetta per invece concentrarsi sull'aspetto più produttivo della RIVALSA che serve a fare in modo che l'offeso abbia la parte che gli è stata defraudata e strappata di cui aveva diritto per sentirsi il valore pieno di PERSONA. Il percorso del PERDONO perciò varia nei singoli casi. 

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