IL PANCHINARO. Riflettendo ancora sui sogni che aveva fatto Alessandro se lo chiedeva cosa significasse per lui fare parte del creato, sentirsi una persona con un valore simile al divino ed essere perfetto nell'esprimere l'amore. Ma, lui non l'aveva mai capito tutto questo perché era sempre vissuto in una piccola realtà di provincia ed era sempre stato legato al suo piccolo mondo dove i suoi genitori gli avevano insegnato a tacere i propri sentimenti, a non esternare troppo le proprie emozioni, a quasi avere vergogna delle proprie commozioni di pianto o di riso e a rimanere impassibile. Forse lo avevano fatto per proteggerlo da delusioni, perché rimanesse più realista e meno puerile e romantico, quando la durezza del vivere ti insegna più che altro ad essere razionale e prudente e ad usare una corazza per evitare che si potessero ricevere umiliazioni e mortificazioni. Per questo motivo diffidava di tutto e di tutti e si sentiva frustrato profondamente quando riscontrava una incomunicabilità con il prossimo e non riusciva ad interpretare ciò che essi volessero dirgli. Quindi per il fatto che spesso le proprie performance affettiva fosse insoddisfacente sia per se stesso che per gli altri e che non avesse mai avuto il sentore di un espressione di orgoglio e fierezza positiva da parte dei suoi genitori o famigliari, egli si sentiva una nullità, un fallimento come probabilmente quel ragazzo di 17 anni che aveva ucciso tutta la sua famiglia anche perché non riusciva mai ad avvertire la qualità dei propri interventi o gli apporti che potessero portare il proprio impegno nel quale si sentiva costantemente controllato e monitorato senza esiti positivi o valore benevolo. Infondo si sentiva dentro una prigione di cui le sbarre erano dovute all'intransigenza che porta ad un senso di profonda sfiducia fino all'estrema ratio di concepire una mattanza per non sentirsi continuamente minato e ferito nel proprio essere. Forse la stessa cosa era capitata anche a quella ragazza di 22 anni che aveva fatto un infanticidio dei propri figli in quanto aveva ella stessa sempre avvertito di essere un peso che gravava sul bilancio famigliare e che rappresentava un gravoso impegno nell'obbligo di sequela. Tutti questi soggetti, infondo, infondo, avevano vissuto una vita in panchina ad aspettare di poter essere chiamati a giocare e sentirsi veramente partecipi di una squadra; erano sempre stati esclusi e dimenticati dal progetto di famiglia e di comunità. La vita in panchina era una vita schifosa perché ti rende invisibile e genera incertezza e precarietà soprattutto se c'è un continuo paternalismo che rende insolvibili i problemi interferendo sulle scelte oppure usando l'invadenza sulla sfera privata per non perdere la priorità acquisita di poter essere al centro dell'attenzione e di avere l'ultima parola. Riteneva difatti, che i propri genitori avessero confuso per anni la lealtà con l'autorità e che per questo gli avessero fatto recepire che più che altro bisognasse rispettare l'autorità piuttosto che le regole e per questo l'autorità genitoriale, non doveva mai essere sfidata o messa in discussione e perciò non ci potesse essere troppa confidenza e bisognasse mantenere un certo distacco fra le parti. La particolarità dei suoi genitori, per Alessandro era quella che dovevano fare recepire ai figli, quale fosse il carattere forte che prima di tutto nella riluttanza a condividere le decisioni e le preoccupazioni gestionali credendo che l'esercizio di un potere egocentrico fosse diretto al perseguimento di benefici di natura comune, quando invece, centralizzando il processo decisionale non si rendevano conto di scoraggiare qualsiasi tipo di partecipazione propositiva dei singoli nella organizzazione famigliare. La persona dal carattere forte deve conoscere tutto e non deve mai apparire sprovveduta e quindi all'occorrenza deve assumere i connotati di un eroe o di un salvatore e perciò come in un contesto mafioso non deve lasciare alcun spazio alle idee degli altri e ai loro interventi, se no perde, agli occhi dei figli ed affiliati il proprio potere risolutivo e di comando. Per la persona forte, la lealtà sta nel dirti che la ragione sta dalla parte del più furbo, di quello che sa aggirare gli ostacoli ed ingannare con delle scuse, eludendo gli obblighi più gravosi e operando solo nella sufficienza conservando tutte le proprie forze per spintonare nel farsi avanti e così la persona forte ti metterà sempre di fronte la verità del "Qui comando io, e questa è casa mia" e non sarà mai disposto a condividere gli spazi; la persona forte ti dirà sempre quale sia il carattere o l'atteggiamento da tenere ed è "Ognuno deve rimanere nella propria posizione, così com'è nella propria natura e quindi tu questo non lo potrai mai cambiare", ma poi ti accorgi che è una menzogna quando devi ingoiare una medicina amara, quando ti ammali e perdi le forze, quando ti devi ridimensionare perché la vita ti mette di fronte alla tua debolezza e quando la morte di chi ti dava sicurezza viene a fare mancare tutto ciò che ti ha reso forte e ti ha fatto credere di poter essere un uomo giusto e retto che può colpire il mondo attorno a lui.. E' la vita che ti costringe a cambiare, quando ti rendi conto che la scelta si basa o sulla corruzione della tua anima e di quella di chi ti circonda, oppure si basa invece sull'ascolto e la comprensione. Il fenomeno della corruzione può essere definito come un corpo non scritto di norme sociali nella possibile deviazione dalle stesse per trovare scorciatoie che facciano raggiungere prima gli obiettivi evitando l'eccessiva burocratizzazione. Infondo, il proliferare, di leggi e di procedure contribuisce ad accrescere il potere di alcuni funzionari statali, imprenditori o collusi mafiosi i quali sono soliti utilizzare a loro vantaggio le raccomandazioni o le mazzette o peggio le minacce prepotenti per raggiungere i propri scopi fra cui il più importante come nella famiglia patriarcale è quello di non farsi scavalcare da nessuno, anzi di creare ostacoli o divieti silenti a coloro che gli sbarrano la strada. Nemmeno lui, figlio veniva molto incoraggiato a tirare fuori il meglio di sé, anzi veniva represso ed inibito nel potersi abbandonare qualche volta ad emozioni o sentimenti che fossero fuori dalle righe e che non seguissero determinati canoni di quella che veniva intesa come buona creanza. Un padre non può mai ringraziare un figlio, chiedere scusa se ha sbagliato, un padre deve essere una persona forte ed una madre lo deve assecondare se no si irrita e poi scatena la sua forte rabbia di gelosia ed allora il figlio che ha per primo l'attenzione d'amore, di cura e dedizione viene del tutto annullato e schiacciato sotto il peso di quella imperiosità che si tramuta presto in violenza e delirio Un padre per riuscire a recepire la propria autorità deve soggiogare, deve rendere succubi gli altri della sua figura per dare una impronta di austerità che si abbatte su tutta la famiglia. Difficile, quindi consegnare all'umanità quei sogni degli angeli e farli comprendere come giusti e buoni se fino a quel momento c'era stata solo autorità imperiosa e non mai lealtà corretta e saggia. Tuttavia, Alessandro ritornò su quella panchina del parco per poter consegnare i suoi sogni a coloro che passavano di lì, sperando che non li facessero morire, sperando che li portassero avanti nel tempo e che divenissero un seme per un grande albero: quello dell'amore fraterno. La panchina del parco aspettava solo quei sogni, per fare in modo che non rimanesse solo un luogo statico e morto e che potesse, invece diventare un monito "Ricordati che anche tu sei sogno, quel sogno di creato, di persona, di perfezione che si esprime nell'amore. Ricordati che la panchina è sempre in movimento attraverso il tuo pensiero, il tuo essere e la vita che fa nascere un fiore anche fra le spine, fra i chiodi, fra le sofferenze e poi tu non sarai più un panchinaro qualunque, ma il panchinaro del sogno della vita":
IL GERARCA - Guardandosi intorno alla stanza dove si era rinchiuso per ripassare la sua parte attoriale politologica, si rivedeva in quel pubblico elettore. Dapprima c'era quel bambino timido sognante che rimaneva come estasiato da raggi radiosi di un utopia, poi c'era l'adolescente che si doveva confrontare con il disincanto della sfida dell'esperienza quotidiana ed infine c'era l'adulto che aveva a che fare con la complessità e la problematicità ed il relativo carico di cifre demoniache di nome azzardo, avventura, scacco, sconfitta e naufragio. Egli, per tale motivo, avrebbe tanto voluto attuare il compito di porsi a livello critico nell'argomentazione deduttiva, ponendosi un itinerario popolato di sintesi delle normative in cui era difficilissimo e alquanto complicato orientarsi per poter raggiungere dei risultati quanto meno decenti. Tuttavia, a livello organizzativo era molto complesso costruire forme di conciliazione/integrazione delle forme antinomic...
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