LEZIONE AL GIUDICE. Molti lo dovrebbero sapere - riprese il Giudice istruttore - che sono essi stessi giudici del loro operato e dei loro atteggiamenti e comportamenti perché hanno una coscienza intesa come voce interiore e come colloquio con l'anima che si esprime con l'ideale della saggia persona libera dalle passioni e dagli interessi mondani e questo è un modello validissimo per ogni individuo. La Verità si trova solo distogliendosi totalmente dall'esperienza esteriore: essa è luce che viene data a chi ricerca dentro di sé, nella meditazione devota un significato morale negli accadimenti dell'esistenza. La coscienza riguarda la conoscenza certa dei principi che definiscono la rettitudine del volere, dato dalla consultazione, in tale senso della propria interiorità per sapere infallibilmente come ci si deve porre di fronte ad un problema o ad un altro, anche se per debolezza o per viziosità ci si comporta diversamente da una autocritica che non deve comunque essere troppo intransigente seppur mirando all'essere integerrimo. A noi giudici, viene di sovente posta al centro dell'etica da seguire la coscienza in contrasto con le inclinazioni sensibili da cui siamo affetti: essa per la chiesa ancor oggi  proclama a chiunque, il valore assoluto della legge morale come esperienza accessibile a tutti, indipendentemente dalle differenze intellettuali e culturali. Ma la realtà che ci circonda ci dimostra che questa concezione a causa delle fragilità e vulnerabilità umane spesso è caratterizzata da forme di relativismo morale che possono produrre scetticismo riguardo ai principi o alle opinioni che l'hanno generata ed inculcata nelle menti ancora tenere dei fanciulli come regola e norma spropositata di ciò che è retto e giusto, quando tutti conoscono la fallacia umana ed il suo cedimento al vizio del male. Noi siamo dimentichi di come abbiamo appreso i veri principi contenuti nei comandamenti e intesi come naturali perché ritrovati dentro di sé come giusti alla buona condotta ed è per questo che usiamo più che altro delle variabili di consapevolezza soggettiva di sé stessi e dei propri contenuti mentali che rappresentano dei punti fermi e determinanti su cui costruiamo la nostra libera identità e su cui ci affermiamo. Infatti, io considero inconfutabile questo concetto del solipismo che si può spingere fino ai limiti dell'universo, senza uscire dalla propria coscienza, ma avendo a che fare con impressioni sensibili o con idee della ragione che possono diventare generali o meglio appercezioni comuni a tutte le persone costituendo un intelletto formale di attività sintetica a priori, che si articola in base alle varie categorie. Per me l'appercezione pura non è altro che la possibilità del rapporto fra coscienza empirica e l'oggetto per cui l'Io che viene per primo luogo qualificato è quello "stabile" e permanente che costituisce il correlato di tutte le nostre rappresentazioni di cui di un bicchiere dorato io posso vedere un semplice oggetto oppure una refurtiva a seconda di come mi venga presentato se privo di realtà propria perché si suppone facesse parte di una refurtiva oppure se era la condizione per riuscire a ripagare un debito e per questo a tale bicchiere debbo dare un valore ipotetico di un ammontare approssimativo di quanto vale la causa per il furto specialmente se poi tale bicchiere facesse parte del tesoro di un museo noto ed è questo che ha maggiore impatto sociale e quindi procura maggiore danno, se no se proviene da una chiesa qualunque il suo valore si può essere abbassato per il costo dell'oro che nella semplice placcatura dozzinale e di una scarsa lavorazione artigianale è inferiore alle aspettative per pagamento danni se non una condanna a termine a lavoretti socialmente utili quali il chierichetto in chiesa. Dunque, io come giudice debbo capire anzitutto che intenzione aveva il ladro, se rubare solo l'oggetto per ricavarne un guadagno immediato, oppure se invece più che altro rubare il simbolo e quindi commettere un sacrilegio che aggrava ulteriormente la ruberia e quindi il danno a livello morale ed anche ad impatto sociale di chi venera il calice come contenitore del sangue di Gesù e quindi come oggetto sacro. Ci sono dunque vari risvolti da considerare nelle sentenze e fra queste la più importante è quella della LESA DIGNITA' GIURIDICA nel senso di offesa al pubblico ufficiale che siamo tutti noi cittadini che abbiamo subito il furto ed anche il sacrilegio e questo porta inevitabilmente ad aumentare il danno del doppio del valore dell'oggetto comprese le spese procedurali per stabilire i risarcimenti. Come potete vedere i termini di una sentenza possono essere diversi a seconda dell'effetto causato dalla condotta delinquente ed illegale e questo è un atto dovuto alla società civile che deve avere ordine e praticare la tranquillità giuridica. 

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