SINGHIOZZO. A volte capita, e quando capita non sai come reagire a quel fastidiosissimo rialzamento del diaframma e a quel sussulto in gola che ti fa sentire un pò in disagio: il singhiozzo ti prende quando meno te lo aspetti. Ma infondo, infondo tutta la vita è un singhiozzo, perché c'è sempre una precarietà di ciò che fai e di ciò che è stato fatto e niente è realmente durevole. Il singhiozzo non ti fa ascoltare che quel suono sordo che ti entra nelle orecchie e che non ti fa capire cosa sia utile tenere e cosa, invece, sia meglio rigettare in quanto nessuno ci ha insegnato a rimanere concentrati su ciò che ci viene detto ed enunciato. Perciò affrontiamo la vita sociale e quella famigliare e relazionale con un forte desiderio di parlare o di scrivere dei sermoni di sfogo piuttosto che ascoltare veramente per capire cosa possa farci bene e cosa possa invece farci male. Come per la maggior parte delle cose, la risposta sta nell'istruzione che ci è stata impartita. Così, alla lettera pastorale del Vescovo Nicolò Anselmi riguardo a ciò che asserisce alla pagina 12 dove asserisce che il diavolo vuole convincerci che non valiamo nulla e che cerchi con i suoi inganni, falsità ed ipocrisie di gettarci nella disperazione, facendo riemergere errori del presente e del passato e suscitando profondi sensi di colpa e aprendo ferite angosciose, risponderei che che noi spesso abbiamo una concezione indefinita del nostro essere e di ciò che è la nostra vocazione e perciò frequentemente siamo portati ad inseguire ambiziosi sogni e progetti, specie riguardo la persona che potrebbe affiancarci nel nostro cammino di vita e quando ci accorgiamo però che non avevamo le giuste risorse o la giusta maturità per affrontare un progetto oppure quando ci troviamo di fronte ad ostacoli che a noi paiono insormontabili e a disagi allora ci accorgiamo che non eravamo sufficientemente preparati a vedere stravolta la nostra vita, soprattutto quando nasce un figlio, quando muore un punto di riferimento per noi importante, quando falliamo miseramente e ci ritroviamo con un pugno di mosche in mano e perciò ci rendiamo conto di avere perso tempo prezioso, di esserci imbarcati in una impresa superiore alle nostre capacità o possibilità. Noi dobbiamo sempre ascoltare la nostra miseria umana, non dobbiamo mai sottovalutarla, ma dobbiamo anzi avere la prudenza di prepararci un giorno o l'altro a doverla affrontare, di doverci trovare caduti sotto il peso delle croci che la vita ci infligge e poi di dovere fare la fatica ed il sacrificio di rialzarci e di ricominciare anche da zero ed è questo il perdono vero: riuscire ad essere disposti a ricominciare tutte le volte, superare il tradimento ai nostri principi, tollerare alcune mancanze e perdite durante il percorso. Il singhiozzo del pianto di una madre sta proprio nella preoccupazione che un figlio trovi la propria strada, una strada corretta e giusta in cui sentirsi bene e poter raggiungere la felicità nella corsa ad ostacoli dell'esistenza. A volte per capire meglio bisogna temporeggiare e rispondere come Gesù dicendo che non lo sappiamo come poter raggiungere un obiettivo, perché per farlo bisogna molto zig-zagare come in uno slalom di una discesa libera dove dobbiamo continuamente allenarci e farci trovare pronti a reagire nel migliore dei modi. Infatti Gesù rimane sul vago nelle sue risposte, perché non vuole consegnare formule per comportarsi bene e per avere un posto sicuro in cielo, in quanto la soluzione ai nostri problemi la dobbiamo trovare noi, con le nostre intelligenze, con le nostre fatiche spese bene e mirate al raggiungimento di obiettivi buoni e giusti, non solo per noi stessi, ma anche per la collettività. Infatti, lo ammette pure il Vescovo Nicolò, alla pagina 21 della sua lettera pastorale, che lo Spirito Santo con i suoi doni ispiratori è presente in ogni persona e che non bisogna perciò essere impazienti e precipitosi nel giudizio, anzi cerca nell'ascolto di varie esperienze e di vari contributi di esperti o di documenti di trovare soluzioni che risolvano la vaghezza intesa come un grave problema mentale universale e molto significativo che bisogna cercare di eliminare specie nei giovani che per non riuscire nei loro obiettivi spesso usano epiteti o espressioni offensive e denigranti degli altri tanto per scaricarsi di molte loro responsabilità e negligenze. L'augurio del Vescovo che vi sia un dialogo in cui tutti abbiano la possibilità di esprimersi nella propria profondità e soprattutto nella propria libertà di individuo è la migliore prospettiva per fare passare quel singhiozzo che non fa lavorare bene, che preclude qualsiasi partecipazione e buon intervento sociale e politico. 

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