IL PANCHINARO. La notte è la parte più dura del giorno, è quella in cui ti devi confrontare con il buio e l'oscurità della tua anima e cercare di superare il senso di sconfitta e di inadeguatezza che ti dà l'essere avvolto ed assorbito dal nero che annulla e nasconde inghiottendo tutto nel suo dimentico moto. La notte, è come una incognita del vivere secondo natura, secondo il logos divino che è in tutte le cose. La notte incupiva paura nel suo cinismo alla virtù saggia di curarsi delle cose importanti evitando le passioni che divorano l'anima. La notte riporta alla solitudine dell'indifferenza e dell'apatia del distacco da azioni ingiuste, che conduce a vivere in solitudine, sia che siamo stati costretti da circostanze poco favorevoli e sia che abbiamo dovuto ricorrere al sudicio per non mancare al senso del dovere. Nel linguaggio della notte, si trovano spesso delle soluzioni inaspettate e superbe che vanno accolte ed ascoltate siano esse rinforzanti oppure incubi che spaventano ed intimoriscono l'andare avanti. Girarsi, e rigirarsi nel letto, cercando una giusta posizione per dormire e poi finalmente riuscire ad abbandonarsi ai sogni che abitano il nostro inconscio e che ci vengono a visitare con i loro avvertimenti e particolari sensazioni. Nel sonno vedere delle immagini che si imprimono come tracce che delineano il nostro atteggiamento verso l'esistenza ed il suo divenire. Durante il primo sogno Alessandro, incontrò la figura dell'arcangelo Gabriele che gli consegnò un palloncino rosso, pregandolo di cercare di farlo volare in alto per modo che tutti riuscissero a vederlo e a seguirlo ed in tale palloncino c'era scritta la parola CREATO. Il vivente che non fa crescere e maturare il creato custodendolo, proteggendolo e aiutandolo a svilupparsi mostra al mondo nient'altro che l'irrazionalità della volontà di vita ed il suo carattere cieco ed insensato; per stabilire dunque un rapporto tra la vita come crescita di valori e forme in evoluzione continua bisogna cercare con tutte le forze di evitare i residui irrigiditi di quella mentalità di crescita che impoverisce ed opprime. La vita, non è mai neppure in senso biologico solo conservazione ed adattabilità, perché la vita è una continua creazione, in quanto il vivente che non cresce mai può soltanto declinare. Gabriele Trivellin in sogno disse:"Ti consegno il palloncino rosso del creato in modo che possa prendere la strada verso il Cielo seguendo una linea fluttuante e non un carattere diveniente instabile di processi impazziti, attuando un proponimento prospettico di una vita che pretenda di disporre di certezze universalmente valide al proprio credito: scienza, religione, morale ed in genere tutta la cultura della persona moderna, quando l'unica cosa che più conta è saper prendere contatto con la vita proprio nel tentativo di mantenere un legame con tali certezze. La ragione va vitalizzata come risposta alle crisi e quindi il rivivere con gli occhi di chi ci ha preceduto e con le sue considerazioni, può aiutarci a trovare risposte possibili di unità fra spirito e natura. Mi raccomando, e ti prego di non fare scoppiare questo palloncino che è molto delicato e fragile, se no si esaurisce e si perde il contenuto vitale, la cui inarrestabile esigenza non è solo quello di essere più vita, ma di essere più che vita e cioè un compito ideale di fronte al quale ogni forma storica pur rivelando la propria inadeguatezza serve lo slancio vitale vedendolo come una forma intuitiva dell'essenziale pensiero dell'esistenza. Lascia che questo palloncino ricordi al mondo per cosa siamo stati creati ed amati: la vita come un soffio ed una verità che non muore, ma si accompagna al vento che la trascina in alto verso il Cielo per farla rimanere immutabile ed unicamente bella". Alessandro prese in mano quel palloncino con dovizia per poterlo consegnare a tutta l'umanità. 

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