A Lorella Barlaam, Giovanna Scarca  - IL PANCHINARO - Quando l'angelo se ne andò dal parco, attorno alla panchina gialla, rimase una luce velata che avvolgeva l'aria con la sua bellezza e attorno già appariva il crepuscolo della tarda sera, ma Alessandro non aveva ancora voglia di tornare a casa a rinchiudersi in quella stanza da letto ricca di ricordi e di solitudine. Rimase, dunque, ad osservare il sole tenue che tramontava all'orizzonte, mentre si avvicinava ad uno spiazzo, un personaggio bizzarro e un poco trascurato che era conosciuto per il "madonnaro" in quanto con i suoi gessetti colorati, si metteva a disegnare immagini eteree di madonne e di angioletti e poi qualcuno per lui, il giorno seguente lasciava un panino o caffè in sospeso presso un bar lì vicino. L'uomo, si presentava a quell'ora per non dare troppo nell'occhio e per non ricevere quegli sguardi di giudizio sprezzante che lo facevano sentire un rifiuto umano. Sotto l'immagine della madonna o degli angioletti, la persona scriveva qualche parolina che poteva essere a prima vista poco indicata al soggetto riprodotto, ma dopo riflettendoci meglio, ci si accorgeva che quelle espressioni potevano avere un senso inaspettato e veramente originale. Quella sera l'uomo aveva scritto con il gessetto rosa la seguente frase:"SONO STATA ADATTATA AL TUO RITRATTO" La figura, in effetti, sembrava riprodurre una ragazza intenta a scrivere con una penna d'oca su una pergamena, ma aveva una aureola sopra il capo. La superficie in parte sconnessa dello spiazzo, però, non permetteva di vedere bene i lineamenti, ma solo deboli dettagli che lo rendevano particolare ed unico nel suo genere. Allora Alessandro chiese a quello strambo individuo a chi somigliasse quella figura e con sua sorpresa si sentì rispondere "A tua madre, a tutte le madri della terra che scrivono con il loro amore per noi il nostro carattere facendo in modo che possa adattarsi a quel che la vita riserverà a loro" Quella didascalia era come una breve notizia che precedeva il testo di un opera riguardante le circostanze della composizione che precedono l'esecuzione in una iniziale rappresentazione che si ricostruisce di volta, in volta. Di quel disegno, fin dal principio si percepiva che poi il disegno col tempo si sarebbe cancellato nel tempo e che quello che doveva rimanere in chi lo guardava era la sensazione di trovare una somiglianza e una sostanza di similitudine. Il modello non pareva, però, tanto coerente alla riflessione didascalica perché proponeva di uscire da determinati canoni come uscire da sé stessi immedesimandosi in quell'immagine così com'era traducendola in un momento di esperienza elementare che poi veniva elaborata dal proprio inconscio per poi rendersi realistica nel fatto che la scrittura paresse continuare in interazioni con l'ambiente circostante e soprattutto con l'apprendimento attraverso quella mediazione figurativa. La conoscenza, quindi, risultava dover essere costruita, di punto, in punto attraverso continue interazioni fra la figurazione e la penna d'oca che le scriveva, ora in modo neutro ed ora in significati espressi in modo attivo, che conseguentemente, potevano diventare reali per esiti positivi di interpretazioni socialmente condivise. Poiché, i dati venivano assimilati solamente nei concetti strutturati mediante operazioni mentali, condotte in un contesto di piena cooperazione intersoggettiva, secondo il personaggio che aveva scritto la didascalia, anche la pratica educativa di una madre, non doveva prevedere un semplice trasferimento di conoscenze; quanto piuttosto un vasto progetto, che consenta ai discenti e discendenti di poter costruire autonomamente le proprie conoscenze nel continuo sforzo di dare un significato singolare al contesto in cui le figurazioni venivano collocate ed osservate. La comunicazione, spesso fra gli esseri umani è complessa perché non dovrebbe intendere veicolare contenuti, ma piuttosto istruzioni scelte entro un certo repertorio di strutture concettuali, che ciascuno dei comunicanti già possiede e poi va a costruirsi, piano, piano e con pazienza durante la sua esperienza di interazioni sociali. Ne consegue, che da questo atto, le leggi di natura non vengono solo scoperte, ma possono anche essere inventate, in quanto la realtà stessa non viene intesa come struttura oggettiva e autonoma che possa venire trovata attraverso particolari e precisi procedimenti, ma conosciuta e sperimentata attraverso l'esperienza percettiva e di comunicazione. Ad Alessandro Dehò che era stato un bravo infermiere professionale veniva in mente come esempio che per la differenziazione fra artrite reumatoide specie nei bambini per poterlo distinguere da dermatomiosite e polimiosite aveva intuito che poteva utilizzare il fattore reumatoide purificato che aveva una costante di sedimentazione verificandolo in un diagramma dove si potesse indicare il picco monoclonale di posizione, in quanto a livello dei disordini immunologici ci possono essere delle variabili in evoluzione plasmatica cellulare che possono interagire in ipotesi con paraproteine di tipo M che vanno però accompagnate ed associate a malattie di varia natura. Allora il personaggio che aveva disegnato quell'immagine così vacua, se lo domandava fra sé e sé se valesse veramente la pena perdere tempo a seguire i propri guizzi o se invece era molto meglio continuare a nasconderli dietro quelle immagini da "madonnaro" poichè lui in passato era stato un brillante ricercatore, ora scartato perché non solo era anziano, ma come si dice, pestava i piedi a qualcuno che non voleva perdere il proprio posto di prestigio sociale all'interno di una ristretta cerchia, quando invece la ricerca non riguarda solo un club, ma riguarda tutti coloro che ne avessero bisogno, tutta la brava gente che comprende la necessità di continuare a cercare fra le righe di passati studi ed esperienze ciò che ora potrebbe contare più di ieri e meno di domani potendo dire "CI SIAMO ADATTATI AL VOSTRO RITRATTO"perché il volto di una ricerca e di una scoperta per il domani sia quello di una madre per generazioni e generazioni. 

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