SFINENTE MELANCONIA. Di un mare bigio e spumoso di noia siamo investiti e ci aggiriamo nel freddo di anime disperse come sgherri fra reti tese fra le onde dei nostri illusori desideri, fra un faro depresso che non riesce a colorare il grigiore salmastro della nebbia. Corpi e pensieri che si avvinghiano a fatue speranze ributtate su materassi spiantati in mezzo a diroccati pensieri fra desolate spiagge che tentano disperate di insabbiare la noia nei fiumi dell'alcol e di bische clandestine con le carte dei nostri stessi fallimenti e perdite. Nel sonno oscuro di notti brave si ritrovano realistici poemi fra idilli di tempi lontani e realismi consumati in alcove dove si divora nell'eros sfigurato di una madonna del parto, le presunte anime pure giovanili di sguardi che mai scoprono intese, ma solo menzognere favole da epuloni. Eppure noi come Rimini, rimaniamo assorti fra un cappotto di cammello e un freddo giorno di malinconia a vedere un quadro di angelica visione dove possiamo vincere la quiete disperata del primo sonno senza sogni; quelli di giovani scolari che non sanno cosa diventare e se ne vanno su treni a cercare una meta per i loro progetti di un treno senza apparente destinazione e di un pianto senza soluzione. Che ne sarà di ciò che era il verso che voleva formare l'allievo su un banco di duro legno? Che ne sarà di quel fanciullo che voleva trasmettere il sacro fuoco dell'arte? La sfinente melanconia lo divora fra Renzo e Lucia, fra un sinonimo leopardiano, fra raffigurazioni affrescate che a malapena rimangono nei ricordi e che restano in attesa di un minimo sonetto che parta da quella chiesetta di un paesino che nessun nemmen conosce, e che vuol arrivare come un monito di buona fattura, di madre, di figlia del Figlio, di vate e di Caronte che fa diventare eterno il moto poetico che scuote la coscienza del sepolcro vuoto e di un Precursore che ci precede in quella quiete dove poi finiscono i sogni, dove poi solo anziani resistono al conflitto fra la vita e la morte, alla guerra fra la malamente e il candore e dove poi il feretro riporta alla realtà disillusa: l'amore per essere eterno non s'illude e sa mostrare le doglie del suo parto per ridonare e fare rinascere la vita fra le colombe di una pace che rimane nella tela del Creatore dei creatori, artista per sempre di una musica infinita.
 IL GERARCA - Guardandosi intorno alla stanza dove si era rinchiuso per ripassare la sua parte attoriale politologica, si rivedeva in quel pubblico elettore. Dapprima c'era quel bambino timido sognante che rimaneva come estasiato da raggi radiosi di un utopia, poi c'era l'adolescente che si doveva confrontare con il disincanto della sfida dell'esperienza quotidiana ed infine c'era l'adulto che aveva a che fare con la complessità e la problematicità ed il relativo carico di cifre demoniache di nome azzardo, avventura, scacco, sconfitta e naufragio. Egli, per tale motivo, avrebbe tanto voluto attuare il compito di porsi a livello critico nell'argomentazione deduttiva, ponendosi un itinerario popolato di sintesi delle normative in cui era difficilissimo e alquanto complicato orientarsi per poter raggiungere dei risultati quanto meno decenti. Tuttavia, a livello organizzativo era molto complesso costruire forme di conciliazione/integrazione delle forme antinomic...
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