INCHIESTA DONNA. All'inchiesta decisero di partecipare anche alcune atlete che si allenavano sia per gare individuali che di squadra femminili e che partecipavano a competizioni nazionali e olimpiche, fra queste c'era Miriam una atleta di colore di 23 anni che gareggiava per i 200 metri piani con un tempo di 24 sec. e 10 cent. ella scrisse nel suo elaborato ciò che l'aveva determinata a partecipare alla competizione che lei riteneva più grande: vincere la violenza di genere ed il razzismo e perciò scrisse:"Quando ho iniziato a correre avevo appena 11 anni e gareggiavo per i giochi di atletica della gioventù in gare scolastiche e lo facevo per riuscire a superare le mie paure di inadeguatezza, le mie ansie di non essere all'altezza, i miei timori della diversità del mio colore della pelle. Poi il mio allenatore mi ha notata, durante una gara ed ha deciso di prendermi sotto la sua ala e di insegnarmi a gareggiare meglio entrando in armonia con il mio corpo e con la mia mente, ed allora ho capito che sbagliavo a sentirmi così sbagliata, ho capito che tutto dipendeva dall'inseguire il ritmo della vita e di averne rispetto, ho capito quanto conta il respiro e l'essere in equilibrio con il corpo, nello sciogliere le sue tensioni. Per questo, mi alzavo con la grinta di vincere la sfida di poter partecipare alle gare, sapendo che così non solo avrei avuto la possibilità di un buon piazzamento in pista, ma che avrei potuto avere la meglio sulle mie avversarie e quindi di poter vincere una medaglia e di assicurarmi un podio fra i primi 3 posti. La prima medaglia che vinsi però fu un bronzo, e mi sentii un poco sconsolata dicendo a me stessa, qualche volta perché mai continuassi ad insistere con lo sport se dopo 10 anni avrei dovuto fermarmi e trovare un altro modo per sbarcare il lunario e potermela cavare. Ma d'altronde, non riuscivo a smettere in quanto in questo sport era come se ritrovassi ogni volta me stessa e fossi libera di esprimermi al massimo, non avvertendo per nulla il peso del mio corpo che correva senza freni ed ostacoli. Il mio allenatore, non solo mi incitava a resistere, ma anche mi sollecitava a seguire le regole del rispetto di una dieta sana, di non fare stravizi e di riposarmi e concentrarmi specie nei periodi di gara. Quando poi ho conosciuto l'amore, ho capito che anche in questo bisogna trovare un armonia, un equilibrio fra le persone che vivono una relazione e bisogna sapere accettarsi e considerarsi nel rispetto e nella regola della pazienza. Infatti, nell'atletica bisogna avere molta costanza ed essere motivate a continuare la gara, a riscaldare i muscoli e ciò vale anche per l'amore che va riscaldato, che va costantemente allenato verso l'obiettivo di trovare un equilibrio e di vivere il respiro della vita cercando di aiutarsi, di sostenersi, di incoraggiarsi specie quando le cose sembrano precipitare. Difatti, mi è capitato di infortunarmi cadendo e mi sono slogata una caviglia e poi per 2 settimane non ho potuto gareggiare e sono dovuta rimanere ferma con il ghiaccio ed allora ho compreso che a volte gli ostacoli peggiori sono quelli di quando non ti sembra di realizzare i tuoi progetti e qualcosa ti blocca, qualcosa ti sconfigge e ti ferma. Il mio allenatore però, non mi ha lasciata da sola, mi è sempre stato accanto, mi ha sempre incoraggiato e poi è diventato il compagno della vita ed il padre dei miei figli, ma ritengo di essere stata fortunata a partecipare alla gara più bella quella di procurare un futuro migliore per i miei figli e di vederli correre verso i loro traguardi ed ora che crescono e si stanno facendo grandi, mi accorgo che donna sono: sono l'atleta per la vita" Anche una attrice decise di partecipare a quell'inchiesta sul lato femminile perché a lei affidavano sempre delle parti da dura e così Valeria voleva fare sapere che lei non era così nella realtà solo che il suo volto sembrava da dura ed era per questo che le affidavano quei ruoli. Ella scriveva "Fare la parte della cattiva, mi fa sentire più sicura di me stessa, infondo e penso che tutte abbiamo dentro qualcosa che ci dilania e ci fa sentire diffidenti nei confronti degli uomini, perché sentiamo spesso notizie di donne uccise dai loro compagni, di uomini gelosi ed ossessionati dal possesso delle loro compagne. Io ho iniziato recitazione quando avevo 15 anni e sono andata ad un provino per provare ad entrare ad una scuola di recitazione, dove sono stata accettata, ma i miei genitori non erano proprio d'accordo che intraprendessi questa arte e così io all'inizio ci andavo di nascosto insieme ad una mia amica e a mia zia che era la mia migliore fan. Poi arrivata a 18 anni arriva il primo copione ed io dovevo fare la parte di una mafiosa che partecipava al pizzo, insieme ad altre mafiose e poi sono passata al ruolo di un pubblico ministero e da lì mi si è aperto un mondo: quello delle indagini, quello psicologico che fu davvero difficile interpretare perché mi chiedevo sempre calandomi nella parte di quel personaggio o di quell'altra se fosse plausibile nella realtà che esistessero simili persone che hanno coraggio, forza e determinazione oppure se fossero solo ruoli caricaturali, esagerati per dare un valore positivo alla lotta contro la mafia. Invece ho incontrato un ispettrice donna che lavora per davvero nel campo delle indagini e che mi ha svelato che la maggior parte dei delitti che trattano sono di carattere passionale ed allora mi sono domandata come mai, mi sono chiesta come può essere che l'amore determini dipendenza e possa ridurre ad una specie di schiavismo, di sudditanza dagli uomini e come mai le donne decidano di trasformarsi per compiacere gli uomini. D'altronde però anche io recitavo molte donne, sempre fredde, distaccate ed allora mi sono detta che può darsi che se gli uomini incontrano simili donne che non si lasciano molto coinvolgere, ma che vivono l'amore come un interesse egoistico, forse generano la rabbia, altre donne invece si lasciano condizionare per la paura della solitudine, di sentirsi inadeguate come single e di non essere convincenti, anzi di essere prede facili per truffe amorose che sfruttano la loro debolezza. E' facile fingere di essere qualcuno, ma poi certi ruoli a lungo andare ti stanno stretti e allora decidi di vedere di cambiare, di svoltare e di dedicarti, magari a ruoli comici in cui ci sono sempre però dei doppi sensi e si recita spesso la commedia delle incomprensioni di coppia, la commedia del lasciarsi e prendersi e quella della svampita. Dopo quando ti ritrovi nella realtà ti accorgi che devi mettere qualche maschera perché non puoi sempre esprimere i tuoi veri sentimenti e perché ci sono delle convenzioni sociali da seguire, ma qui il copione lo decidi tu e non lo deve decidere uno sceneggiatore o un regista, qui non ci sono truccatori e ti devi presentare per come sei con rughe ed i capelli a volte spettinati ed i vestiti di casa e per quella donna semplice di tutti i giorni, qui ti devi presentare per quella Valeria che a volte è fragile, a volte è persa, a volte è ansiosa e preoccupata se le affideranno oppure una parte e se se la potrà cavare ancora bene a poter dire alle donne che devono fuggire dalla violenza, che devono avere autostima di loro stesse, che devono motivarsi per la loro parte migliore di essere se stesse e di avere davanti il palco dell'esistenza dove il loro ruolo dal più piccolo al più grande è sempre di protagoniste e registe della loro stessa storia che firmano con la loro bravura a calarsi bene nella parte e ad eseguirla con maestria. La parte migliore è diventare mamma, la parte migliore te la consegna l'esistenza negli incontri che fai ed è lì che si vedrà la tua vera bravura, se saprai esserci comunque anche se fallirai, anche nell'insuccesso, anche se alla fine ti ritroverai come una povera spiantata, comunque tu sarai la donna che desideri e non mai quella che qualcuno ti impone di essere. Ciak si gira la Valeria che sono e la donna della sostanza e non dell'apparenza. Ciak si gira per me e per la vita" 

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