LA POLITICA DI CRISTO. Occuparsi di politica, significava per Cristo occuparsi dell'agire nelle sue produzioni ed impatti storico-istituzionali volte alla realizzazione della pacifica convivenza umana. Gesù, però, sapeva che aveva a che fare con persone dure di cervice che possedevano in realtà solo uno statuto molto precario in quanto tutti i loro sforzi di ricondurre a categorie la contingenza storica erano sempre in qualche modo esposte allo scacco delle perdite e del disfacimento. Usando, così, la sua implicazione critica su chi dovesse sedere alla sua destra ed alla sua sinistra, e cioè nei posti di onore e gloria, egli si collocava entro uno spazio pubblico che presupponeva una ben determinata attivazione di servizio solidale alla cittadinanza ed all'umanità stessa. Tuttavia, Gesù, aveva spesso rapporti contrastanti ed incomprensioni pregiudizievoli in quanto la sequela che sperava ottenere, spesso non era accompagnata da consapevolezza del male che poteva causare, nel rimanere ancorati ad anacronismi e a non perseguire mai l'innovazione, specie nella volontà di dominare il corso del mondo. Cristo, difatti, si rapportava alla politica in termini ambivalenti, sia dell'appartenenza nell'essere al mondo e sia nella estraneità di appartenere al mondo. Nel processo della pòlis che frequentemente è corrotta da ambizioni ed egoismi, c'è tutta la tematica dell'ostilità alla democrazia nel ribattere che solo se ci si mette nell'ottica del servizio e della cultura del bene comune, si può raggiungere una esperienza di radicale disincanto legato alla scoperta dell'irrazionalità delle croci e persino delle persecuzioni, che prevedono una naturale collisione tra la Giustizia e la volontà dei più. Infatti, c'è sempre nell'essere umano un profondo contrasto tra lo spirito oggettivo (fatto di leggi, usi, consuetudini e costumi con cui ci si deve confrontare spesso specie nell'epoca social) e lo spirito soggettivo che in Cristo dovrebbe incarnare come Salvatore dal peccato e dalla morte la soggettività infinita della resurrezione. Gesù, in pratica, ci vuole insegnare con il suo atteggiamento attentamente e prudentemente critico che a volte è persino inquietante sopportare i pesi della sua politica, in quanto il nostro voler essere vincenti non sorregge il potere, ma anzi lo mina, mentre la mondanità preferisce l'apparenza di una ipocrita, illusorio e pretenzioso scranno di superiorità e di comando che però non sa essere affatto autentico nel dubbio metodico di potersi meritare un posto elevato, quando invece, si è più che altro come volevano essere Giacomo e Giovanni persuasori nefasti di poter avere la predilezione e così di poter essere ascoltati e riveriti dal pubblico. Gesù, come un bravissimo filosofo di tipo socratico, rimprovera i suoi discepoli per la loro presunzione politica di strategia di saper scegliere i mezzi ignorando però i loro veri fini e funzioni a cui indirizzare l'azione cristiana. Perciò. Cristo, chiede a noi ancora oggi di impegnarci meglio nella definizione dei mezzi di convivenza associata per poter generare la convinzione generale che non solo pochi o i più qualificati o i più saggi possano permettersi posizioni si spicco e così di poter prendere le decisioni più importanti a livello politico, ma anche le persone comuni possono partecipare ad un ordine che sia giusto ed equo per molti. Difatti, proprio a tale questione si connettono le migliori forme di governo quando la costituzione stessa afferma che la sovranità appartiene al popolo nel fondare il suo potere e che quindi si tratta di stabilire una precisa disciplina che possa affrontare congiuntamente questioni normative ed ontologiche. Per questo, Cristo propone la sua etica di condivisione dello studio del lato oscuro dell'essere umano e di ciò che fa scudo ed ostacola o fa resistenza all'uso sia delle facoltà razionali nel loro sottomettersi (ecco perché usa il termine essere schiavi) a strategie non sempre dirette e comunque consapevolmente onerose che riguardano il dominio delle passioni, delle spregiudicate pulsioni, degli interessi speculativi di parte. Come nota si riporta lo studio del piacere e del dolore nel tentativo di equilibrarli e della competenza di mediare attraverso motivazioni, capacità, attitudini e disposizioni che possano integrare più culture e stili di vita. Fungere da guida per l'attuazione del bene di molti significa che per ciascuno di noi e specie dei cristiani, si deve attuare una ricerca continua a coltivare i miglioramenti necessari alla Giustizia e alla perfezione del rapporto delle parti in gioco tra loro ed il tutto, mettendo in primo luogo la loro anima. La ricerca, quindi si basa sul modus operandi repubblicano per vivere bene con il bonum commune che parte da una economia pulsionale razionale, morale del patto sociale che possa consentire di pensare e vedere una societas civilis cum imperio ovvero dello stato come gruppo di potere territoriale che esercita durevolmente e legittimamente il monopolio della coercizione sui suoi consociati perché non vi sia troppa instabilità o varietà nelle proposte di soluzioni nel problema spinoso del miglior ordine politico, legato anche al progressivo differenziarsi dei paradigmi antropologici di fondo, che non restano mai senza incidenza sulle modalità di intendere e volere l'organizzazione politica della convivenza; quanto più si tende ad enfatizzare così come facevano Giacomo e Giovanni gli aspetti problematici della natura umana (aggressività, avidità, ambizione, stupidità di un sacerdote che oltre le 3 P del vescovo Lambiasi Francesco voleva anche aggiungere le P di pollo arrosto e patatine fritte, acrasia,, incostanza e impazienza) ed il ruolo del conflitto nella società, tanto più s'inclina a proporre soluzioni autoritarie senza sapere il moto latino "auctoritas non veritas facit legem e quanto più Cristo invece intende sottolineare l'appetitas societatis e a proporre con fermezza a noi tutti la ragionevole disposizione a cooperare e quindi a comprendere meglio la componente integrativa delle dinamiche sociali per aprire davvero alla soluzione liberale del problema dell'ordine politico. Questa è la politica di Cristo: non mettersi su uno scranno per comandare, ma mettersi sullo scranno solo allo scopo responsabile ed impegnato di servire.
IL TALENTO DI AMARE. Io non conosco ancora molto bene l'amore ed è per questo che a volte non riesco a distinguerlo in mezzo alla gente che incontro lungo la via. L'amore chiede conto a ciascuno dei doni che egli affida, attraverso intuizioni convincenti o meglio postulazioni assunte come principi di dimostrazione o ancora testimonianze degne di fiducia. L'amore è una rivelazione di qualificazione che viene scritta nel mondo e nella storia, ma io non ho nessuna qualifica per poterlo dimostrare perchè sono una semplice viandante continuamente in cammino. Io però mi sono lasciata trasportare da una parola chiave che è la parola talento che era una unità di misura che riguarda la Chiesa in cui la manifestazione della Fede è una norma di credibilità del valore che non è proprio ma è di una funzione di una totalità che si esprimono nell'adesione a Dio con specifico riferimento del Cristo fatto uomo nell'accezione di proposizioni o dogmi o istanze che li definiscono. L...
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